Da Israele all’Ucraina, Pesach con lo sguardo al futuro
Gli ebrei di tutto il mondo si apprestano a celebrare Pesach. Per Israele, sarà un momento di pausa dopo settimane di manifestazioni, di contrasti e polemiche. La Knesset riaprirà dopo le festività. Per allora si saprà qualcosa di più sul destino della riforma della giustizia promossa dal governo Netanyahu. Al momento i provvedimenti volti a modificare radicalmente i poteri della Corte suprema e a cambiare la modalità di selezioni dei giudici sono congelati. Uno stop arrivato dopo proteste di massa culminate in uno sciopero generale. I negoziati tra maggioranza e opposizione, sotto l’egida del presidente d’Israele Isaac Herzog, sono in corso. Dopo Pesach il loro esito sarà più chiaro. L’obiettivo dichiarato di Herzog, dopo aver criticato l’attuale formulazione della riforma, è quello di arrivare a un compromesso. Il pericolo all’orizzonte, la sua previsione, un vero conflitto interno.
Per il presidente israeliano questo periodo di festa coincide anche con una consuetudine legata alla libertà: la concessione della grazia o la riduzione della pena ai prigionieri che hanno dimostrato chiari segni di riabilitazione. “In onore di Pesach, Ramadan e Pasqua, il presidente Isaac Herzog invita i cittadini a presentare richieste di grazia, in particolare per la cancellazione dei precedenti penali”, l’annuncio in questi giorni del suo ufficio. Da quando è entrato in carica nel luglio 2021, ricordano i media locali, Herzog ha preso a cuore il destino dei giovani criminali che, dopo il percorso di recupero e il rilascio dal carcere, possono incontrare ostacoli nell’ottenere un pieno reintegro nella società a causa del loro passato.
Herzog ospiterà poi nella sua residenza una tradizionale cena per la festa. Chi si sta preparando a festeggiarla, anche grazie all’aiuto d’Israele, è l’ebraismo ucraino. A oltre un anno dall’inizio del conflitto questo sarà il secondo Pesach segnato dall’invasione russa. “I nostri antenati erano costretti ad accatastare mattoni in Egitto. Ora impiliamo scatole di cibo affinché nessuno soffra la fame questo Pesach in Ucraina. Quest’anno abbiamo in programma di ospitare più di mille famiglie ai nostri Seder”, la testimonianza del rabbino capo ucraino, rav Moshe Azman. Tra chi prosegue nel proprio impegno per distribuire aiuti ci sono i coniugi Wolff a Odessa. “Faremo in modo che ogni ebreo possa sentirsi liberato questo Pesach, anche se la guerra continua”, le parole di rav Avraham Wolff, rabbino capo della città. “Speriamo di essere liberati presto da questa guerra, che tutti possano finalmente tornare alle loro famiglie in Ucraina e a Odessa. Speriamo di tornare ad essere uomini e donne libere. Che la luce trionfi su questo buio”, era stato l’auspicio a Pagine Ebraiche della moglie, Chaya. Nell’orfanotrofio che gestiscono sono tornati alcuni bambini e il lavoro per dare aiuto alla comunità prosegue. Intanto una nuova operazione è stata messa in campo, raccontata dalla Jta: una versione in ucraino della Haggadah di Pesach. Il progetto è stato affidato alla musicologa Michal Stamova e, spiega la Jta, rappresenta “un segno forte della rottura della comunità con il suo passato russofono”. I testi ebraici infatti nel paese sono per lo più in russo, mentre in ucraino c’era fino ad ora molto poco. L’invasione russa ha prodotto un cambiamento che ha toccato anche questo aspetto. Dalla caduta del regime sovietico, la maggior parte del materiale stampato e utilizzato nell’Ucraina ebraica, comprese le haggadot di Pesach, erano state realizzate dal movimento Chabad in russo. Ma con l’aggressione, rileva Jta, “questi materiali sono diventati un peso in un momento in cui essere percepiti come legati al nemico può essere pericoloso”.
E così a Stamova è stato commissionata la traduzione della haggadah. “La tradizione ebraica di Pesach è che ogni anno dobbiamo ricordare che siamo fuggiti dall’Egitto, dalla schiavitù. È molto terapeutico”, ha sottolineato Stamova alla Jta. “Ogni anno ricordiamo questa storia difficile, ma poi abbiamo un piano per il futuro, diciamo l’anno prossimo a Gerusalemme. Quindi dobbiamo avere un piano. Dobbiamo vedere il futuro”.