Trump incriminato

Il gran giurì del tribunale di Manhattan, a New York, ha votato per incriminare Donald Trump per un presunto pagamento illecito all’attrice Stormy Daniels. “È il primo ex presidente americano a essere sottoposto a un processo penale nella storia degli Stati Uniti”, spiegano oggi i quotidiani.

L’arresto in Russia del giornalista americano. Evan Gershkovich, corrispondente del Wall Street Journal, è stato arrestato ieri in Russia con l’accusa di aver cercato di raccogliere informazioni militari segrete. “Come nella guerra fredda”, titola il Corriere della Sera, raccontando come l’azione repressiva del Cremlino sia diventata subito un caso internazionale. Gershkovich, spiega il Corriere, “stava solo facendo il suo lavoro”. Raccoglieva informazioni per scrivere un articolo dedicato alle impressioni della società russa sull’aggressione all’Ucraina e sul ruolo del gruppo di mercenari Wagner. “Condanniamo nei termini più duri i continui tentativi del Cremlino di intimidire, reprimere e punire i giornalisti e le voci della società civile”, la reazione del segretario di Stato Usa Antony Blinken. Gershkovich rischia 20 anni di carcere e Mosca potrebbe ora usarlo come pedina di scambio. “L’arresto del collega del Wall Street Journal – scrive sempre sul Corriere Marco Imarisio, con un passato da corrispondente a Mosca – rappresenta l’ennesimo tabù infranto da questa Russia che come reazione allo stallo in cui si trova sembra sempre più scivolare sul piano inclinato di un autoritarismo che ogni giorno rende più evidente la frustrazione di chi si è messo all’angolo da solo”. L’arresto, prosegue Imarisio, rappresenta “un altro ponte bruciato alle proprie spalle dal Cremlino, l’ennesima prova non solo dell’odio crescente verso gli Usa e gli stranieri in generale, ma del fatto che non ci sarà alcun risveglio da questa specie di cupio dissolvi nazionalista”. A proposito di Russia e regimi, su Libero si ricorda l’antisemitismo di stato durante lo stalinismo.

Museo della Shoah di Roma. La Stampa torna sullo stanziamento annunciato dal ministro della Cultura Sangiuliano per realizzare a Roma il museo della Shoah. “È molto probabile che a breve venga individuato un progetto alternativo a quello di Villa Torlonia”, scrive il quotidiano in riferimento a quello esistente firmato dall’architetto Luca Zevi. La Stampa poi si sofferma sull’articolo 3 del provvedimento legato al finanziamento: “La Fondazione museo della Shoah è posta sotto la vigilanza del ministero della Cultura che programma le attività museali anche tenuto conto degli indirizzi della presidenza del Consiglio dei ministri”, si legge. Per il rappresentante italiano dell’associazione mondiale dei musei Icom Daniele Jalla, a cui la Stampa chiede un commento,“è la prima volta che vedo il ministero della Cultura sottoporre la sua azione all’indirizzo della presidenza del Consiglio. A voler dare un’interpretazione ottimistica direi che più è alta la tutela più si rafforza l’autorevolezza del museo”. Con il provvedimento il ministero della Cultura diventa uno dei soci della Fondazione Museo della Shoah di Roma ed entra nel Consiglio di amministrazione insieme al Comune, alla Regione, alla Comunità ebraica romana, all’UCEI, all’associazione Figli della Shoah. Secondo la Stampa “le Comunità ebraiche restano scettiche sul progetto di Villa Torlonia. Non sull’opera di Luca Zevi che è molto bella, quanto sulla collocazione sulla Nomentana, considerata periferica rispetto al quartiere ebraico romano, oggi al centro dei percorsi della memoria per scolaresche e turisti. La Casina dei Vallati, il piccolo edificio nel quartiere ebraico dove la Fondazione di Mario Venezia organizza le mostre e gli incontri, ha numeri da record: 60 mila visitatori l’anno. Perciò le Comunità ebraiche – conclude il quotidiano – auspicano che si metta a punto una tabella di marcia per superare le criticità che bloccano il nuovo museo nazionale, ‘altrimenti sarà necessario prendere in considerazione ipotesi alternative’”.

Democrazia. Si continua a discutere sui quotidiani italiani delle proteste israeliane e del loro impatto sulla democrazia del paese. Federico Rampini sul Corriere ne parla in un’ampia analisi in cui afferma di essere meno ottimista del presidente Biden “quando dice che i sistemi liberali si stanno rafforzando”. Per Rampini però un esempio positivo è quanto accaduto appunto in Israele. “Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha mandato un videomessaggio al Summit for Democracy. Israele è un altro Stato di diritto descritto come sull’orlo di una involuzione autoritaria. Il summit è stato l’occasione per un duro scambio – a distanza – tra Biden e Netanyahu. Qualche volta la situazione ci sembra drammatica perché enfatizziamo gli agguati alla democrazia, e non esultiamo abbastanza quando i pericoli vengono sventati. II fatto che Netanyahu abbia dovuto piegarsi di fronte alle proteste contro la sua riforma giudiziaria, è un segnale di vitalità della società civile israeliana e della sua democrazia”. Sul tema Domani intervista lo scrittore Etgar Keret che descrive un Netanyahu “all’angolo” che alla fine “non farà compromessi” sulla riforma della giustizia, al momento sospesa.

Memoria. Libero intervista il presidente del Senato Ignazio La Russa. Tra i temi toccati, le critiche mosse alla Presidente del Consiglio Meloni per il suo intervento in occasione della commemorazione delle vittime delle Fosse Ardeatine (“335 italiani innocenti massacrati solo perché italiani”). “È un attacco pretestuoso. Tutti sanno che i nazisti hanno assassinato detenuti, anche politici, ebrei, antifascisti e persone rastrellate a caso, ovviamente non gente che collaborava con loro. – afferma il presidente del Senato che aggiunge – Peraltro vorrei ricordare che l’attentato di via Rasella non è stato una delle pagine più gloriose della Resistenza partigiana: hanno ammazzato una banda musicale di altoatesini, sapendo benissimo il rischio di rappresaglia al quale esponevano i cittadini romani, antifascisti e non”.

Repressione iraniana. II tribunale di Urmia, nel nord ovest dell’Iran, ha condannato a morte cinque persone accusate di avere condotto attività di spionaggio a favore di Israele, mentre altri cinque sono stati condannati a 10 anni di reclusione. Lo rende noto Hengaw, la Ong con sede in Norvegia che si occupa delle violazioni sui diritti umani dei curdi in Iran, facendo sapere che Wafa Hanareh, Aram Omari Bardiani, Rahman Parhazo, Mansour Rasouli e Nasim Namazi sono stati condannati all’impiccagione per la loro presunta ‘partecipazione a una cooperazione a livello di intelligence e spionaggio a favore di Israele’” (Avvenire). Secondo l’ong i condannati sono stati imprigionati e hanno subito torture tra il 2021 e il 2022.

Stadi e razzismo. “Il conto del tifo violento, le multe non fanno male” titola Repubblica raccontando come il tifo violento sia costato alle grandi della Serie A oltre un milione e mezzo nelle ultime cinque stagioni. Ma come questo non abbia cambiato di fatto la situazione. “L’ultimo esempio in ordine cronologico è rappresentato dagli episodi di antisemitismo prima, durante e dopo il derby della Capitale”.

Segnalibro. Si intitola Tra l’oro e l’oblio. Lettere 1959-1970 l’epistolario tra il poeta Paul Celan e il critico letterario Peter Szondi pubblicato da Neri Pozza con la traduzione di Luca Guerreschi. “Una testimonianza del sodalizio fra due sopravvissuti alla Shoah, che finirono per scegliere la stessa morte”, scrive il Venerdì presentando il volume.

Daniel Reichel