Dory Bonfiglioli (1931-2023)

“’Perché ami il duce’ questo era il titolo del tema. Grazie alla mia fantasia, sono riuscita a superare questa prova anche se il duce non lo amavo perché nel 1940, proprio due giorni dopo lo scoppio della guerra, il mio papà era stato arrestato come ebreo antifascista e quindi internato a Urbisaglia, un paesino delle Marche”. Così raccontava Dory Bonfiglioli, classe 1931, ricordando nella sua Ferrara, davanti a giovanissimi studenti, i tragici momenti dell’Italia fascista e delle leggi razziste. Una vita passata nel solco dei valori paterni dell’antifascismo, al fianco del Testimone della Shoah e sopravvissuto a Buchenwald Franco Schoenheit, Dory Bonfiglioli ha lasciato la sua vita terrena all’età di 92 anni.
In queste ore si è tenuto l’ultimo saluto al cimitero ebraico di Ferrara, città che ha segnato la sua vita. Qui la famiglia Bonfiglioli aveva le sue radici. Qui Dory fu espulsa dalle scuole del Regno nel 1938 e fu costretta a subire la vergogna delle discriminazioni antisemite. “Ricordava spesso come i compagni, dopo le leggi razziste del ’38, non solo non la salutavano più, ma cambiavano marciapiede. Una bambina le aveva chiesto se fosse vero che aveva la coda”, racconta il figlio Gadi Schoenheit, assessore alla Cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Nel clima di un’Italia sempre più repressiva nei confronti dei suoi cittadini ebrei, e con un padre al confino perché orgogliosamente antifascista, Dory Bonfiglioli dovrà affrontare da privatista l’esame di quinta elementare. “Fu per me davvero scioccante. Ricordo ancora l’ampio corridoio della scuola: a noi sembrava enorme. Io e mia cugina stavamo prendendo posto quando arrivò il preside. Teneva tra le mani un foglio. Lo srotolò, lesse i nostri nomi e ci ordinò di andare nell’ultimo banco con almeno tre file di banchi vuoti rispetto agli altri. I ragazzi presenti iniziarono a chiederci con insistenza che cosa avessimo fatto”. Semplicemente, evidenzierà, erano studentesse ebree.
Dopo quattordici mesi di confino e complicazioni di salute, il padre riuscì a ricongiungersi con la famiglia. Mentre la persecuzione antiebraica si faceva sempre più feroce, Renzo Bonfiglioli e la moglie Ida Ascoli, assieme ad altri parenti, decisero di cercare la salvezza in Svizzera. “Ci riuscirono, ma mia madre perse la sua amata nonna Isa”, ricorda Gadi Schoenheit.
A guerra finita, da Ginevra, passando per Milano, i Bonfiglioli tornarono a Ferrara. Trovarono la propria casa razziata e semidistrutta. Non si scoraggiano, sostituendo quanto mancava, cercando di ricostruirsi una vita nella città e nel paese che li aveva traditi. Renzo Bonfiglioli, intellettuale e bibliofilo, diventò presidente dell’Unione delle Comunità israelitiche italiane, contribuendo alla ricostruzione di tutto l’ebraismo italiano, segnato dalle persecuzioni. Tra i suoi impegni, mantenere vivi e saldi valori della Resistenza. Scriverà infatti di voler “tenere desto negli anziani e far vibrare nei giovani il culto della Resistenza, in quanto sintesi di volontario sacrificio ed espressione storica ideale di tutto l’antifascismo italiano ed europeo”.
La figlia Dory intanto incontrerà nuovamente Franco Schoenheit. Si conoscevano dai tempi della scuola, a Ferrara, poi ci fu la cesura della Shoah. Schoenheit, classe 1927, tornava a casa da sopravvissuto al lager nazista di Buchenwald. La sua Testimonianza è stata un punto di riferimento della Memoria italiana.
A Ferrara Schoenheit abitava con i genitori, Carlo e Gina Finzi, nel cuore dell’ex ghetto. Nel giorno dell’eccidio del Castello, il 15 novembre 1943, il padre venne imprigionato nelle carceri di Piangipane e liberato nel gennaio 1944. Al tempo Franco aveva 17 anni. Solo un mese dopo, lui e i genitori vennero arrestati e mandati a Fossoli. Lì vennero separati: Franco e il padre furono destinati a Buchenwald, la madre finì a Ravensbruck. “Siamo stati deportati nei campi in tre, mio padre, mia madre e io, e in tre siamo tornati: forse l’unica famiglia al mondo ad avere avuto questa fortuna”, ricorderà Schoenheit, che tornato nella sua città incontrerà Dory, con cui si fidanzerà.
I due si sposarono nel 1951 a Ferrara e si trasferirono poi a Milano. Un’unione durata fino al 2020, con la morte di Franco Schoenheit.
A Ferrara Dory e il figlio Gadi proprio di recente avevano scelto di donare la sua collezione di vinili, tra cui 618 opere di Mozart. Un patrimonio che ora fa parte della collezione della Fondazione Teatro Comunale. “Fu Renzo Bonfiglioli, mio nonno e suo suocero, a trasmettere a mio padre la passione per la musica classica – ricordava Schoenheit – Da lì nacque l’amore per Mozart, al punto tale che cercava vinili in tutta Italia e, se andavo all’estero, mi dava un foglietto dove erano appuntati quelli che non era ancora riuscito a recuperare. Ne trovai uno che non aveva proprio in Germania, dove lui non volle mai più tornare”.
La significativa donazione è stato uno degli ultimi gesti di Dory Bonfiglioli. Una chiusura simbolica. Sia il suo ricordo di benedizione.