Il processo a Netanyahu
C’è molta tensione in giro sulla questione della riforma del sistema giudiziario in Israele. Non entro, volutamente, nell’analisi delle ragioni del sì e del no. Voglio invece rilevare una situazione anomala che, se non verrà risolta in tempi rapidi, finirà per fare danni, anche grossi, a Israele a al suo sistema politico.
Netanyahu è accusato di malversazione e altri reati connessi. Nel frattempo però, oltre che accusato/forse già imputato, è anche Primo Ministro con tutte le responsabilità e le conseguenze che questo comporta. Come tutti i politici ha sostenitori e avversari. È purtroppo inevitabile che gli avversari approfittino delle accuse che gli vengono rivolte per qualificarlo come un delinquente, senza aspettare (come sarebbe doveroso e corretto) la condanna definitiva. Come tutti gli imputati (anche quelli accusati dei peggiori crimini) ha diritto di difendersi. È difficile definire i limiti dell’esercizio di questo diritto. È chiaro che un semplice cittadino non avrebbe il potere di proporre una riforma del sistema giudiziario a proprio vantaggio. Ma se si permette all’accusato di continuare a fare politica, questi architetta la strategia che ritiene più efficace per la propria difesa e non ha senso rimproveraglielo. Che fare dunque? Sospenderlo dalle funzioni di Primo Ministro in attesa di giudizio potrebbe essere una pena che il successivo iter giudiziario potrebbe definire non corretta. La soluzione è dunque la rapidità: se ci sono gli elementi, dovrebbe essere sottoposto a processo immediatamente. Se gli elementi per processarlo non ci sono dovrebbe essere assolto in tempi brevi. Il vero danno a Israele e alla sua immagine lo fa l’incertezza, che non deve essere prolungata.
Roberto Jona