Dall’Emilia-Romagna alla Liguria, storie ebraiche di Resistenza
Restituire agli ebrei il ruolo di protagonisti e non solo di vittime della seconda guerra mondiale. E ricordare al grande pubblico l’importanza delle diverse forme di Resistenza: non solo quella armata, ma anche quella civile. Si muove su questi due binari il grande progetto di ricerca della Fondazione Cdec di Milano dedicato al contributo degli ebrei d’Italia alla Resistenza tra 1943 e il 1945 e curato dalla storica Liliana Picciotto. Un lavoro complesso, di scavo tra archivi e carte, per restituire pezzo dopo pezzo le storie di centinaia di persone. Un lavoro che, dopo essersi soffermato su Campania, Lazio e Toscana, sta risalendo la penisola e ora ha una nuova parte completata. Quella dedicata a Emilia-Romagna e Liguria. “Il numero di resistenti è minore rispetto alla prima parte perché la presenza ebraica era minore. Ma le storie sono altrettanto interessanti, con vicende incredibili”, spiega a Pagine Ebraiche Picciotto. Alcune di queste biografie – cinque – sono state raccolte in podcast realizzati dal regista Lorenzo Pavolini, con musiche di Manuel Buda (alle 18.30 la presentazione in collaborazione con il Memoriale della Shoah di Milano con dialogo tra Picciotto e Mario Calabresi). Mentre i dati di tutti i resistenti fin qui catalogati possono essere consultati da chiunque sul sito resistentiebrei.cdec.it.
“In questa seconda parte della ricerca sono emersi due casi notevoli di Resistenza civile: una riguarda Massimo Teglio a Genova, l’altra Mario Finzi a Bologna. Teglio teneva la cassa della Desalem (Delegazione per l’assistenza degli emigranti ebrei) assieme a don Francesco Repetto. Insieme hanno fatto cose incredibili come procurare e fabbricare documenti falsi per aiutare gli ebrei a salvarsi dalle persecuzioni”. Un procedimento complicato, sottolinea la storica, che mette in gioco una rete di relazioni e “una grande creatività” per immaginare come fornire concretamente questo aiuto. “Per esempio Teglio a un certo punto viene a sapere che in comune ci sono delle tessere annonarie non ritirate. Riesce a farsele dare per poi redistribuirle. Lui raccontava queste vicende con leggerezza, forse per il suo essere stato un pilota di idrovolanti. Ma non erano azioni scontate: ad esempio sulle annonarie, bisognava sapere che ci sono e avere quindi informatori. E bisognava convincere l’impiegato ad essere connivente, che nel caso di Teglio lo fu e anche lui va ringraziato” per essere diventato un ingranaggio della macchina della resistenza civile. Una macchina di cui a Bologna fa parte il musicista Mario Finzi, segretario della locale rappresentanza della Desalem. “Era un personaggio di grandissimo spessore intellettuale, con una sensibilità fuori dal comune. In una lettera ad esempio ad un amico ebreo molto giù di morale per la situazione, in cui gli dice ‘non devi abbatterti perché noi siamo per l’arte ed è l’arte che salva le vite umane’”. Ad altri amici che invece chiedono a Finzi di salire sull’Appennino e mettersi al sicuro dalle retate, partecipando da qui alla Resistenza, lui risponde che non è possibile. “Spiega che lui deve rimanere in città perché altrimenti come può aiutare chi conta su di lui, attraverso soldi e documenti falsi. Ed è fuori da un ospedale, dove si era recato per pagare il conto di un giovane che aveva bisogno, che verrà arrestato”. Deportato ad Auschwitz, morirà poco dopo la liberazione del lager. “Al suo fianco, un ebreo rodiota a cui chiederà la berachà”.
Le vicende di Teglio e Finzi, rileva Picciotto, ci ricordano di come l’eroismo non fosse solo di chi imbracciava il fucile ed era impegnato nella lotta armata. “In una certa misura possiamo dire che la Resistenza civile fosse ancor più difficile”. In ogni caso rappresenta un pezzo importante della Storia. Da qui l’esigenza di farla riemerge attraverso un meticoloso lavoro sulle carte. “Da sottolineare l’aiuto di chi lavora all’Archivio Centrale dello Stato di Roma: i fascicoli di cui abbiamo bisogno per la nostra ricerca non sono ancora in ordine, ma comunque siamo riusciti a ottenerli grazie alla disponibilità di chi del personale dell’Archivio”.