Il Ghetto raccontato da Mario Lattes

Celebre è l’iniziale rifiuto da parte della casa editrice Einaudi nel mandare in stampa “Se questo è un uomo”, il capolavoro di Primo Levi. Un errore di valutazione al quale avrebbe posto rimedio soltanto molti anni dopo. Non altrettanto noto, ma comunque significativo, un secondo “no” opposto rispetto alla possibilità di patrocinare un accurato lavoro di Mario Lattes sul Ghetto di Varsavia, nonostante un contratto già firmato.
Elaborato a partire dalla sua tesi di laurea, discussa nel 1960 all’Università di Torino, si caratterizza per essere il saggio più completo ed esaustivo mai scritto sul tema da un autore italiano. Per fortuna, anche se soltanto mezzo secolo dopo, ci ha pensato Edizioni Cenobio a colmare questa lacuna, dandone diffusione con la curatela di Giacomo Jori. Pagine da sfogliare e risfogliare mentre si avvicina l’appuntamento col centenario di Lattes, nato a Torino nell’ottobre del 1923. Una figura affascinante e versatile, e in parte ancora da scoprire.
“Pittore e poeta, scrittore e polemista, animatore culturale e intellettuale schivo” evidenziavamo su Pagine Ebraiche, nel ventennale della morte, che Olschki aveva deciso di marcare con la pubblicazione di tutte le sue opere, riunite in tre volumi. Simbolica, nel gennaio del 2015, la scelta di presentare il saggio edito da Cenobio nella cornice dell’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia.
“Presentare questo libro a Varsavia, nel Giorno della Memoria, significa offrirlo, nella città stessa della tragedia e del trauma storico che esso testimonia, in omaggio alle ragioni della libertà e della vita” rifletteva non a caso Jori, intervenendo nel corso di quella conversazione. Una vicenda che ha molto da dirci, e non soltanto sulla Polonia di quei mesi e anni. “Al pari del caso-Levi, il caso-Lattes, per non dire del quasi coevo caso-De Felice, fornisce un ulteriore tassello nella romanzesca vicenda del rapporto complicato e sorprendente della casa editrice torinese con il tema delle persecuzioni antiebraiche. Un argomento che può forse adesso essere esaminato nel suo complesso” il pensiero di Alberto Cavaglion, che molto si è speso per la diffusione di quest’opera.
Lattes, spiegava lo studioso piemontese, in un suo Ticketless su Pagine Ebraiche, “fu messo da parte per far posto ad un libro affatto diverso: ‘Ricordati cosa ti ha fatto Amalek’ di Alberto Nirenstein; sbagliato dire che Einaudi rifiutasse i temi ebraici a priori, faceva le sue scelte: non sempre lungimiranti”. A celebrare il centenario di Lattes, tra tante iniziative, è anche una mostra che vede il sostegno tra gli altri della Fondazioni Beni Culturali Ebraici in Italia.
“Teatri della memoria”, allestita alla Reggia di Venaria fino all’inizio di maggio, presenta una selezione composta da più di cinquanta opere, tra cui varie mai esposte prima, all’interno di un percorso che documenta il più recente lavoro d’indagine sui vari aspetti della sua attività artistica. Realizzata dalla Fondazione Bottari Lattes con la curatela di Vincenzo Gatti, ha il sostegno della Regione Piemonte e il patrocinio della Città di Torino, in collaborazione con Lattes Editori.

(Nell’immagine: una delle foto inedite relative al Ghetto di Varsavia, recentemente diffuse da Polin)