Golda Meir, leader esemplare

“Non sono quella bambina che si nasconde in cantina” sbotta Golda Meir in una delle scene più forti del nuovo film dell’israeliano Guy Nattiv, intitolato semplicemente Golda. Siamo in un momento delicato della Guerra di Yom Kippur nel 1973. Il Primo ministro d’Israele, sullo schermo un’irriconoscibile Helen Mirren, ha appena raccontato che a Natale, in Russia, suo padre inchiodava assi alle finestre per proteggere i suoi dalla violenza che si scatenava contro gli ebrei. Nei giorni in cui la stessa esistenza di Israele è messa a rischio, la memoria di quel passato torna a indirizzare le scelte del presente.
Su Golda Meir, prima e unica donna a guidare il governo israeliano, si sono versati fiumi d’inchiostro e le rappresentazioni al cinema e a teatro abbondano – fra le più note quelle con Ann Bancroft, Ingrid Bergman e Tovah Feldshuh. Aggiungere qualcosa di nuovo sembrava impossibile, ma il film diretto da Guy Nattiv (nel 2018 vincitore dell’Oscar con il corto Skin) riesce nell’impresa affondando lo sguardo in uno squarcio storico ad alta intensità. A partire da documenti resi pubblici negli ultimi 15-20 anni, il racconto si focalizza sulle fatidiche settimane dell’ottobre 1973 per catturare lo spirito di una donna eccezionale – la sua forza e la sua straordinaria capacità di reggere a una pressione estrema.
Il film, con Liev Schreiber, Camille Cottin e Lior Ashkenazi, la inquadra con la sigaretta sempre in mano e avvolta dal fumo. Golda Meir era una fumatrice accanita ma il dettaglio biografico in questo caso parla d’altro, spiega il regista. Il fumo che satura gli ambienti e le immagini del film “è una sorta di metafora del fumo nei loro occhi, dell’impossibilità di vedere cos’hanno davanti, la verità. È il fumo della guerra”.
Per Helen Mirren interpretare Golda Meir è stata un’esperienza simile a quella vissuta nel ruolo di Elisabetta I nel film The Queen (2006) – due donne forti, circondate da uomini e capaci di decisioni impopolari che hanno dedicato la vita al loro paese. “Ne sono uscita con una profonda ammirazione per Golda Meir”, dice Mirren. “È stata una donna di coraggio straordinario, capace di una dedizione e un amore totali a Israele, senza per ciò essere dittatoriale. Anzi, aveva un lato materno e domestico, come me amava la cucina e non era mai così felice come quando in kibbutz poteva badare alle galline”.
Accolto da un ottimo riscontro di critica, il film era stato preceduto da una serie di polemiche che sulla scia del dibattito Jewface (lanciato un anno fa negli Stati Uniti dall’attrice Sarah Silverman) avevano contestato l’opportunità di un’attrice non ebrea in un ruolo ebraico. Quanto al futuro, sul fronte politico si attendono reazioni, soprattutto in Israele. Golda Meir è un personaggio affascinante e discusso e lo stesso si può dire della sua gestione della Guerra di Yom Kippur.
Non è un caso che Shira Haas, una delle star del nuovo cinema israeliano, catapultata all’attenzione internazionale dalla serie Unorthodox, stia girando Lioness, una serie drammatica dedicata alla vita del Primo Ministro israeliano. Fra i produttori un’altra donna fuori del comune: Barbra Streisand.

Daniela Gross