Yom HaAtzmaut a Milano
“Israele e Italia, insieme per i valori della democrazia”
Yom HaAtzmaut e il 25 aprile. Un giorno condiviso per festeggiare, dall’Italia a Israele, i valori comuni della democrazia, dell’unità e della libertà. È uno dei paralleli richiamati nel corso dei festeggiamenti organizzati dalla Comunità ebraica di Milano per il Giorno dell’Indipendenza d’Israele. Iscritti e ospiti si sono raccolti nel giardino della Scuola ebraica, dopo aver partecipato al corteo nazionale per il 25 aprile, per celebrare Yom HaAtzmaut. Un giorno, ha evidenziato in apertura il rabbino capo rav Alfonso Arbib, che ci ricorda come “ogni discussione ha un senso a patto di sapere che siamo Am Echad: un popolo unico. Lo siamo nonostante le nostre divisioni, nonostante la pluralità di opinioni. E siamo un popolo unico anche perché unica è la nostra storia” che affonda le sue radici a oltre tre millenni fa. Elementi da tenere a mente, ha proseguito il rav, per rispondere uniti a chi ancora oggi “mette in discussione la legittimità d’Israele e la legittimità del legame ebraico con la Terra d’Israele”. A tracciare un collegamento tra l’avvicendarsi di date simboliche, il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Milo Hasbani. “Questa mattina con la presidente dell’Unione Noemi Di Segni siamo andati a deporre una corona alla Loggia dei Mercanti per onorare il sacrificio di soldati e civili per la Liberazione. Poi ci siamo collegati con Israele per il minuto di silenzio per Yom HaZikaron e ora siamo qua a festeggiare Yom HaAtzmaut”, ha evidenziato Hasbani. Un intreccio di ricorrenze che ricordano come libertà e democrazia non possano essere date per scontate. Un richiamo ripreso anche dalla presidente UCEI Di Segni, tra gli ospiti della festa organizzata in collaborazione con il KKL e il Keren Hayesod. “Lo Stato ebraico, come viene definita Israele nella Dichiarazione costitutiva (Meghilat Haazmaut), conferma la sua ebraicità nell’essere Stato di diritto e di uguaglianza, di accoglienza, di convivenza tra tutti i suoi residenti di qualsiasi credo e religione, di tutela di tutti i luoghi di culto, di responsabilità condivisa nella costruzione, di istituzioni dedite alla loro missione, di lingua ebraica che unisce sacro e quotidiano, fioritura di studi religiosi e pensiero ebraico, nella mano tesa che offre pace e vicinato ai popoli che lo circondano. Non è facile, – la riflessione di Di Segni – è anzi missione ardua, ma questi sono gli imperativi che si abbinano a quello della vita. Ne siamo ogni giorno orgogliosi. Ne celebriamo ogni giorno i traguardi e oggi ancor più ribadiamo l’eterna speranza”.
Di orgoglio ha parlato anche il presidente della Comunità ebraica di Milano, Walker Meghnagi, sottolineando come “oggi abbiamo Israele e dobbiamo difenderla”. Un punto fermo ricordando anche le leggi razziste e la Shoah in Italia. “Questo 25 aprile noi ebrei italiani festeggiamo due volte: il nostro attaccamento all’Italia democratica e a Israele”. Sul legame tra i due paesi si è soffermato l’assessore alla cultura del Comune di Milano Tommaso Sacchi. “Tra l’Italia, Milano e Israele c’è un patrimonio valoriale condiviso di libertà, di democrazia, d’impegno per la giustizia tra i popoli. C’è una costante collaborazione e nulla potrà mai spezzarla”. Importante poi, ha aggiunto l’assessore, il segnale arrivato dal corteo nazionale: “senza polemiche, senza contestazioni alla Brigata Ebraica. Una manifestazione di vera unità”. A chiudere la cerimonia, dopo il ringraziamento del presidente del KKL Sergio Castelbolognesi, che ha presentato le iniziative dell’organizzazione, l’innalzamento delle bandiere israeliana e israeliana e il canto dei rispettivi inni nazionali.
Di seguito il discorso completo della Presidente UCEI Noemi Di Segni in occasione di Yom HaAtzmaut:
Nell’ora del crepuscolo, nel passaggio dal giorno alla sera, ci viene chiesto di trovare il coraggio per alzare gli occhi ed asciugare le lacrime, per gioire e festeggiare l’Indipendenza dello Stato di Israele. Per noi un imperativo collettivo per affermare che alla vita non rinunceremo mai. Per le famiglie che hanno perso i loro cari e che hanno trascorso la giornata nei cimiteri accanto all’area loro destinata, un imperativo di continuare a vivere, malgrado il dolore.
La bandiera si rialza e passiamo ad esprimere i medesimi concetti – di gratitudine per la vita, il sentimento di unità e unicità del popolo ebraico e di Israele – attraverso la gioia e la festa che afferma il miracolo israeliano, di cui sono artefici i suoi cittadini, chi ci vive, e di cui siamo orgogliosi per noi stessi e per l’intero mondo.
Non è un anno come gli altri e ci rendiamo conto – sia per l’Italia che per Israele, seppur per ragioni diverse – che determinati valori sono da salvaguardare con fermezza e non sono parole teoriche o passate. L’appello del Presidente Herzog narrando i caduti seppelliti l’uno accanto all’altro nell’area cimiteriale, mi ha fatto rabbrividire. Così diversi i loro paesi di origine, età, modi di vivere la fede e la religione, uniti nel sacrificio per donarci sicurezza e libertà. Appello parimenti alle forze politiche e a ogni attore a ricordare la fratellanza, la dialettica responsabile e la lucida intimazione ai nostri nemici a non confondere le dinamiche interne con la distrazione e la debolezza perché la vigilanza e la lotta per la sopravvivenza non distingue giorni e ore e il nemico che minaccia Israele è sempre nel mirino (hinè lo yanum ve lo yshan shomer Israel). Da Hanzachà – la memoria dei caduti – al Nizachon – la vittoria che celebriamo e ci ha resi indipendenti, dopo secoli e secoli di diaspora forzata. Ma l’Indipendenza e le capacità di un Paese di progredire e di essere un faro per gli altri non sono costanti sigillate nei meriti dei caduti. Le dobbiamo conquistare e difendere anche noi ogni giorno con i nostri atti di civile convivenza.
Le Comunità ebraiche italiane sono unite nell’impegno a difendere costantemente il riconoscimento dello Stato di Israele alla sua esistenza, difesa dei confini e le città, e lo ribadiamo in ogni sede: locale, nazionale, europea e internazionale. Oggi lo ribadiamo ad Amnesty che dell’autorevole definizione dell’Ihra ha scelto di fare carta straccia mentre si fregia di saper difendere diritti di bambini e sofferenti. Troppo spesso prevalgono le logiche dell’impulsiva reazione alla propaganda del vittimismo e dell’equidistanza, o equivicinanza. Logiche che nel breve, medio e lungo termine nulla risolvono del secolare conflitto israelo-palestinese se affrontato con linguaggi del sofisticato antisemitismo delle sedi pseudo difensive dei diritti delle nazioni e dei diritti umani.
Le sfide che si affrontano guardano al futuro, ai cieli, allo spazio, ai prodotti dell’ingegno, alle meraviglie culturali e naturali valorizzate globalmente ma tutto questo è possibile grazie alle profonde radici che affondano nelle sacre scritture che ispirano e ci illuminano oggi come ieri, nella millenaria storia vissuta nel territorio e nella diaspora, nel sogno sionista, nell’impegno ostinato degli Olim, nelle antiche promesse e fatiche che ci uniscono e ci definiscono come popolo, nei confini che difendiamo con Gerusalemme capitale indiscussa.
Lo Stato ebraico come viene definita Israele nella Dichiarazione costitutiva (Meghilat Haazmaut) conferma questa ebraicità nell’essere Stato di diritto e di uguaglianza, di accoglienza, di convivenza tra tutti i suoi residenti di qualsiasi credo e religione, di tutela di tutti i luoghi di culto, di responsabilità condivisa nella costruzione, di istituzioni dedite alla loro missione, di lingua ebraica che unisce sacro e quotidiano, fioritura di studi religiosi e pensiero ebraico, nella mano tesa che offre pace e vicinato ai popoli che lo circondano. Non è facile, è anzi missione ardua, ma questi sono gli imperativi che si abbinano a quello della vita. Ne siamo ogni giorno orgogliosi. Ne celebriamo ogni giorno i traguardi e oggi ancor più ribadiamo l’eterna speranza.