Milano 1938, la scuola non dimentica
nel segno del partigiano Giorgio Latis

Nell’autunno 1938 dall’Istituto Moreschi di Milano vengono espulsi, a seguito delle leggi razziste promulgate dal fascismo, i docenti Eugenio Levi ed Elsa Della Pergola e viene allontanato il preside Arturo Loria. Inoltre a dieci studenti viene impedito di iscriversi per proseguire gli studi. Sono Aldo e Silvana Samaia, Franco Levi, Giorgio Latis, Gerardo Reinheimer, Alberto Cicurel, Renzo Eichenberger, Mario Cohen, Maurizio Cohen, Ernesto Leoni. A ottantacinque anni da quell’atto vergognoso dello Stato italiano, è arrivato nelle scorse ore un gesto riparatorio e carico di significato. “Visto l’articolo 3 della Costituzione si decreta la riammissione simbolica nell’Istituto Nicola Moreschi dei docenti, del preside e degli studenti”, ha dichiarato la preside Carmela Tué. Un annuncio accolto da un lungo applauso, a conclusione della cerimonia dedicata alla memoria di chi fu espulso e in particolare all’eroismo di uno degli studenti: Giorgio Latis. A lui, giovane partigiano ebreo ucciso dai fascisti, è stata dedicata una delle targhe svelate al Moreschi in un’iniziativa promossa dall’istituto assieme all’Anpi e con il patrocinio, tra gli altri, del Comune e della Comunità ebraica di Milano. Un omaggio all’eroismo di Latis nonché una restituzione postuma di un posto nella scuola che nel 1938 respinse lui, i compagni, i docenti e il preside per il solo fatto di essere ebrei. “Aspetto che intorno a me si faccia luce perché ne ho veramente bisogno; nessuno, nemmeno un martire, si piega al dolore… Dietro c’è sempre uno scopo e anche io ho il mio, altrimenti mi stimerei pazzo, e pazzi i martiri, se così non fosse”. Le parole di Latis incise nella targa ideata dalla pronipote, l’architetto Giovanna Latis. “La storia di Giorgio ha sempre fatto parte del racconto della mia famiglia: il giovane partigiano eroe. È stato un onore per me poterlo ricordare con questo progetto”. Quattro le targhe svelate in cui si ricorda l’espulsione del 1938 così come le gesta di Latis. “Spero che questi nomi e queste parole possano essere notate ogni giorno”. L’ottone lucido e luminoso delle targhe e il ripensamento delle luci della sala hanno l’obiettivo, spiega l’architetto Latis, di ricordare agli studenti di oggi “che qui soggiornano gli studenti del passato”. E che la loro storia rappresenta una lezione per il presente.
A raccontare l’impatto delle leggi razziste sul Moreschi e sulla vita di Giorgio Latis è stato Pietro Pittini, ex docente dell’istituto. Se gli insegnanti Della Pergola e Levi proseguiranno il loro impegno nella scuola ebraica di via Eupili, diverso il destino del preside Loria. “Cadde in uno stato di forte depressione, che sarebbe stata la causa della sua prematura morte nel dicembre del 1939”. Latis invece si diplomò da privatista e, il racconto di Pittini, con intelligenza e inventiva riuscì a lavorare nonostante le discriminazioni. “Insieme ai cugini allestì un teatro di marionette, la sua vera passione”. Poi, con l’arrivo nel settembre 1943 dei nazisti a Milano, deciderà di portare in salvo la sua famiglia. “Nel novembre accompagna i genitori e la sorella al confine svizzero e torna indietro, pensando siano in salvo. In realtà verranno respinti tutti e poi catturati e richiusi a San Vittore. Infine deportati ad Auschwitz il 30 gennaio 1944 nel convoglio numero 6, lo stesso della senatrice a vita Liliana Segre”. Latis nel mentre sceglie la Resistenza. Arrestato a Milano nell’aprile del 1944 riesce a fuggire con uno stratagemma. Aderisce al Partito d’Azione e viene inviato in Piemonte. Suo compito è di tenere il collegamento tra le formazioni militari sparse in tutto il Piemonte e organizzare il servizio di assistenza ai detenuti politici delle carceri (ufficio K), col nome di battaglia Albertino. Giorgio si rende protagonista di imprese coraggiose, collaborando con i più noti esponenti delle diverse componenti della Resistenza. “Riuscì a far evadere un compagno partigiano dal carcere di Vercelli. Travestendosi da ufficiale repubblichino prelevò dal carcere di Alessandria due compagni di lotta, salvandoli dalla fucilazione imminente”.
Il 26 aprile 1945, ultimo giorno di scontri a Torino tra partigiani e nazifascisti, dopo aver portato l’ordine di avanzata alle formazioni stanziate sulle colline di Pino Torinese, Giorgio Latis cerca di rientrare in città ma viene fermato da un posto di blocco fascista a Reaglie. Scoperto viene immediatamente fucilato. “A Giorgio Latis è stata conferita la Medaglia d’Argento alla Memoria al Valor Militare” ha ricordato Roberto Cenati, presidente dell’Anpi Milano nel corso della cerimonia, condotta da Giuseppe D’Acquino, presidente invece della sezione Anpi Magenta. “Credo sia importante ricordare il sacrificio di tanti uomini e donne per la libertà di tutti noi”, ha affermato Cenati, evidenziando come la Costituzione italiana sia nata proprio grazie a quel sacrificio. Una Costituzione “profondamente antifascista”. Cenati hai poi sottolineato come la Memoria sia “l’antidoto migliore per combattere xenofobia, razzismo, antisemitismo e ogni forma di intolleranza”. Ma anche ogni tentativo di riscrivere la storia. “C’è un tentativo di farlo, ma dobbiamo dirlo: il fascismo non ha fatto nulla di meritevole”. Tra i suoi abomini, le leggi razziste del 1938 che rese centinaia di studenti “invisibili”, la riflessione di Daniela Dana Tedeschi, presidente dell’Associazione Figli della Shoah. Rivolgendosi ai ragazzi presenti, Dana Tedeschi ha messo in luce come per quei loro coetanei di allora di colpò la vita fu stravolta. “Provate a immaginare cosa significa non avere più amici, non poter studiare, non poter far più parte della collettività. Vedere compagni di classe che quando passi si voltano dall’altra parte. Immaginate un mondo in cui tu non hai diritti, sogni, prospettive. E pensate alla forza di ricominciare di quesi ragazzi e ragazze, italiani, milanesi in questo caso, di religioni ebraica. Pensate al contributo di Latis che ha lottato contro per la libertà di un paese che voleva renderlo invisibile”.
Ad intervenire all’incontro anche la Presidente del Consiglio comunale di Milano Buscemi Elena e l’artista Fabrizio Dusi, che ha donato al Moreschi una delle sue opere al neon “la memoria rende liberi”.