Segnalibro – La casa del dolore

“La poveretta era sconvolta perché sapeva troppo bene cosa significasse essere inserita nella lista degli ebrei. Nella sua mente si affollarono le visioni di Drancy e dei terribili campi polacchi; mentre la guardia la riportava più morta che viva in cella, l’emozione e la paura ne spezzarono la resistenza fino a farla crollare in preda a una violenta crisi di nervi…”.
Nel novembre del ’43 una delazione porta in carcere Camille de Hody e la moglie Geneviève Utard, membri attivi della Resistenza antinazista francese. La coppia è reclusa nella prigione militare di Clermont-Ferrand, con la sua eterogenea umanità fatta di criminali con la svastica, collaborazionisti locali, altri carcerati in attesa di un destino che per molti di loro si annuncia tragico. Come nel caso di quella “poveretta”, che in realtà ebrea non era, di cui Geneviève scriverà in seguito nelle sue memorie. Angoscia, pena e incertezza si accavallano nei mesi trascorsi in cella. Fin quando la coppia vedrà realizzarsi una separazione di destini purtroppo irreversibile: Camille, deportato come prigioniero politico a Royallieu-Compiègne e poi a Mauthausen, vi resterà ucciso nell’aprile del ’45. Sarà quindi la sola Geneviève a fare ritorno a casa e a riabbracciare le tre figlie. Affidando a un diario i ricordi di quella drammatica esperienza, destinata a incidersi nell’anima.
“La casa del dolore. 1943-1944” (ed. Passigli) ci restituisce tutto il significato e valore di un testo che Francois Georges Dreyfus, professore emerito alla Sorbona, inserisce tra “le grandi testimonianze della storia dell’occupazione”. Pagine intense e commoventi che hanno visto la stampa grazie alla più piccole delle figlie: Edith de Hody Dzieduszycka, residente da tempo a Roma e nota anche per la sua attività artistica e intellettuale. “La marea di immagini che la angustiavano era diventata un fardello così pesante che doveva assolutamente liberarsene. Non c’è nulla di più efficace della scrittura a questo scopo”, spiega nel guidare i lettori verso i ricordi della madre e nell’elaborazione dell’infanzia spezzata che si trovò a sperimentare insieme alle sorelle maggiori Monique e Béatrice. Un universo che definisce “lontano e incredibile”. Incredibile, sottolinea, “nel senso più profondo della parola, poiché é davvero difficile se non impossibile credere che simili orrori abbiano avuto in un’Europa sedicente civilizzata” non più di 80 anni fa. Eppure è successo. E questo diario ci aiuta a capirne qualcosa di più.