Enrico Loewenthal (1926-2023)

“La storia che racconto è la storia della mia vita, o meglio di alcuni anni della mia vita e di alcuni avvenimenti di cui sono stato testimone. Anni duri, di silenzioso dolore da un lato e di roboante arroganza dall’altro…”. Scriveva così Enrico Loewenthal, protagonista della lotta partigiana nel Nord Italia dove fu attivo con ruoli apicali e di grande responsabilità, scomparso nelle scorse ore all’età di 97 anni.
Nato a Torino nel 1926, figlio di Edoardo e Ida Falco, il giovane Enrico aveva frequentato prima la scuola tedesca e poi il liceo d’Azeglio, venendone espulso nel ’38 con la promulgazione delle leggi razziste. A 17 anni, dopo l’otto settembre, la scelta di prendere parte alla Resistenza. Molte le azioni che resteranno nella storia di quegli anni, tra cui la liberazione della città di Aosta. Enrico, in quei mesi eroici, era il partigiano Ico. Nome evocato anche nella sua autobiografia “Mani in alto, bitte. Memorie di Ico, partigiano, ebreo”, con all’interno anche un contributo della figlia Elena nota scrittrice e traduttrice (oltre che attuale direttrice del Circolo dei Lettori di Torino). “Questa di mio padre – ha evidenziato – è la pasta del passato che abbiamo dentro di noi. Questo ha attraversato la generazione prima della mia, quella che mi ha messo al mondo. Questo era mio padre a sedici, diciassette, diciotto anni: un partigiano ebreo per le montagne, che per sua e nostra fortuna conosceva le lingue ed era dotato di quella prontezza di riflessi indispensabile per sopravvivere nella sequela di situazioni in cui si è trovato”.
Loewenthal fu partigiano prima nella undicesima Brigata Garibaldi, poi nella Colonna GL-Renzo Giua in Val di Lanzo e comandante nelle Valli del Gran San Bernardo.
Nel dopoguerra si è affermato nel campo dell’imprenditoria.
Sia il suo ricordo di benedizione