Giuseppe Castruccio,
un console tra i “Giusti”

Giuseppe Castruccio sapeva giocare bene a pallone. Tanto da guadagnarsi una presenza tra i titolari nel Genoa che a inizio Novecento dominava la scena calcistica nazionale, vincendo titoli in sequenza. Il meglio di sé lo darà però alcuni anni dopo. Quando, abbracciata con successo la carriera diplomatica, si trovò ad agire in una Salonicco diventata inferno per le decine di migliaia di ebrei che vi abitavano.
In qualità di console generale d’Italia, l’ex calciatore di belle speranze diventato nel frattempo eroico uomo delle istituzioni fece infatti il massimo per salvare singoli e famiglie in pericolo. In particolare si prodigò affinché gli ebrei italiani presenti nella zona occupata da forze militari di Roma non fossero trasferiti in quella tedesca e da lì ai campi della morte, e affinché quelli nella zona tedesca tornassero nella parte italiana. Suo tra gli altri il merito del trasferimento di 281 ebrei dal ghetto “Baron Hirsch”, con un piano ad alto rischio: travestiti da soldati italiani, vennero fatti salire su treni diretti ad Atene e Larissa. Altre azioni salvifiche ancora gli sono state attribuite, restituendoci l’immagine di un uomo capace di agire a difesa dei più alti valori di solidarietà e fratellanza.
Gesti che nel loro insieme hanno portato all’iscrizione del suo nome tra i “Giusti tra le Nazioni” onorati dallo Yad Vashem, il solenne omaggio dello Stato d’Israele a chi non restò indifferente e agì a rischio della vita. “L’esempio dei Giusti è una candela che illumina e guida. Possano le azioni di Giuseppe Castruccio essere una bussola capace di orientarci tra il bene e il male. Che la sua eredità morale ci guidi e incoraggi a fare la differenza, ad avere abbastanza coraggio per sentire compassione nei confronti di quanti hanno bisogno del nostro aiuto” la riflessione posta dall’ambasciatore d’Israele in Italia Alon Bar nel corso della cerimonia di conferimento dell’onorificenza svoltasi quest’oggi alla Farnesina, la sede del ministero degli Affari Esteri. Il contesto più rappresentativo per fare memoria di una scelta etica già illuminata in passato dalla mostra “Solo il dovere oltre il dovere. La diplomazia italiana di fronte alla persecuzione degli ebrei”, che aveva visto agire insieme la Fondazione Museo della Shoah e la Farnesina stessa. “Per noi è importante sottolineare come, all’indomani della sua istituzione, lo Stato di Israele abbia deciso di avviare questo immenso progetto che ha come fondamento la riconoscenza non solo della singola famiglia salvata ma dell’intero Stato ebraico, annoverando lo Yad Vashem tra le istituzioni più importanti del Paese. E anche in questo ribadire il riconoscimento di Israele quale Stato che pone il valore della vita e della salvezza al centro di ogni scelta e azione” aveva detto in precedenza Noemi Di Segni, la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, nel portare un suo saluto. L’evento, introdotto dall’ambasciatore Pasquale Terracciano, ha visto poi intervenire la presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello, il presidente della Fondazione Museo della Shoah Mario Venezia e Alessandro Prunas, nipote di Castruccio.
“Essere uomini dello Stato non significa soltanto essere rappresentativi di una istituzione, ma assumere in sé dei principi”, il tema posto all’attenzione da Dureghello. Che ha anche evidenziato come dal passato sia oggi possibile “trarre un esempio e un monito che ci permette di rivolgere lo sguardo al presente”, anche pensando all’azione di contrasto all’antisemitismo. Speranza di Venezia è di poter presto portare la mostra sulla diplomazia italiana anche all’estero. A partire dalla Knesset, il Parlamento d’Israele, “che già ce l’aveva richiesta”. Un intervento, il suo, che è stata anche l’occasione per parlare di quella Salonicco ebraica di cui anche la sua famiglia era originaria e che è stata quasi interamente annientata in quei mesi. “Mio nonno era un uomo poliedrico, un uomo di cui siamo orgogliosi”, la testimonianza di Prunas. “È importante – ha poi aggiunto – che il riconoscimento vada non soltanto alla persona, ma anche al servitore dello Stato”. Nel corso della cerimonia è stata inoltre proiettata una testimonianza-video rilasciata da Ray Naar, uno degli ebrei di Salonicco salvati dal console d’Italia. Presenti in sala, tra gli altri, l’ambasciatrice greca Eleni Sourani e il coordinatore nazionale per la lotta contro l’antisemitismo Giuseppe Pecoraro.