Torna l’incubo dei razzi

Sono al momento 104 i razzi lanciati da Jihad Islamica e Hamas tra la giornata di ieri e il primo mattino odierno. Il dato è stato reso noto dall’esercito israeliano, che ha anche sottolineato come 16 siano stati finora gli attacchi compiuti in risposta contro obiettivi terroristici (la gran parte dei quali amministrati da Hamas).
Ore di altissima tensione che seguono la morte in carcere di Khader Adnan, accusato da Israele di terrorismo e in sciopero della fame da oltre 80 giorni.
“La pioggia di razzi è stata lanciata dalla Striscia sia ieri mattina che nel pomeriggio, mentre l’esercito israeliano ha aspettato che chiudessero le scuole per rispondere”, riferisce gli altri La Stampa. Alcuni razzi sono caduti in un cantiere edile di Sderot “provocando un ferito grave, un lavoratore straniero di 20 anni” (Avvenire). Il Giornale segnala le parole del ministro della Difesa Yoav Gallant, che ha subito tenuto una riunione di sicurezza con il capo di stato maggiore: “Chiunque cerchi di danneggiare i cittadini di Israele, se ne pentirà”.
Il Sole 24 Ore, in un’analisi, si concentra sul rischio di una “serie crisi” per il Paese. Non, si legge, “per la mancanza di una soluzione del problema palestinese, non per la morte in carcere del leader della jihad islamica Khader Adnan dopo 86 giorni di sciopero della fame, per le decine di razzi piovuti ieri da Gaza, per le minacce di Hezbollah e dell’Iran: a questi persistenti conflitti l’economia israeliana è assuefatta”. La causa, si sostiene, “è l’instabilità interna”.

Sarebbe in dirittura d’arrivo la nomina del nuovo ambasciatore Usa in Italia: per l’incarico Joe Biden avrebbe scelto Jack Markell, attuale ambasciatore all’Ocse.
Markell, riporta il Corriere, è stato “il primo governatore ebreo del Delaware”. Fedelissimo del presidente, durante l’evacuazione di civili afghani dopo il ritiro Usa dal Paese “è stato il coordinatore della ‘Operation Allies Refuge’ che mirava ad aiutare coloro che avevano collaborato con gli Stati Uniti”.

Intervistata dal Corriere, Luciana Castellina ricorda gli anni del fascismo e delle persecuzioni antisemite: “Avevo zie e cugini che si nascondevano dentro casa, ai Parioli. Ma non sapevo del rastrellamento del Ghetto, di San Lorenzo bombardata. Anzi, non sapevo neanche che esistessero le borgate, la Roma oltre quella che frequentavo”. Tra le amiche d’infanzia, racconta, c’era Anna Maria Mussolini. Di cui era compagna di scuola e che la fece entrare anche a Villa Torlonia.

“L’obiettivo della retorica di questa destra è arrivare ad una Costituzione afascista, senza posizioni preconcette. E questo è molto pericoloso perché apre all’autoritarismo”. Ad affermarlo, in una intervista con la Stampa, è Roberto Saviano. Secondo il giornalista e scrittore, vincitore in primo grado di una causa per diffamazione intentata contro di lui dal ministro Sangiuliano, l’Italia si starebbe avvicinando “sempre di più alla Polonia, all’Ungheria di Orban, alla Serbia”.

Caso unico tra gli sconfitti della Guerra mondiale, la Repubblica italiana “si fonda su una Carta scritta in quei termini, e non in altri” grazie alla Resistenza e a chi, impegnato in quella lotta, contribuì poi alla legge fondamentale dello Stato. Una considerazione “che dovrebbe risultare ovvia a dir poco; peccato che, in questi banalissimi termini, non la abbia fatta nessuno” (Paolo Franchi, Corriere).

Scrive Aldo Cazzullo (Corriere) che Gianfranco Fini era convinto “che la destra italiana per andare al potere dovesse fare tre cose: riconoscersi nell’antifascismo, condannando senza reticenze non solo le leggi razziali e l’alleanza con Hitler, ma tutta la sua politica; aprirsi a forze riformiste e di centro; diventare il motore di una riforma costituzionale, da concordare con la sinistra”. Oggi, prosegue, “possiamo serenamente concludere che la sua convinzione era errata: la destra italiana è andata al governo senza fare nessuna di queste tre cose; ma con il consenso della maggioranza relativa degli italiani, che è poi quello che in democrazia conta”.

Avvenire presenta il nuovo quaderno di studi ecumenici a cura di Pietro Stefani e Simone Morandini, dedicato alla figura di Maria Vingiani. In evidenza il suo lavoro per il Dialogo. Vingiani, si ricorda, è stata la “portavoce della richiesta di una giornata nazionale dedicata all’ebraismo, poi adottata dalla Cei dal 1990”.

Adam Smulevich

(3 maggio 2023)