Leggi e diritti negati,
le basi formali della persecuzione

Professore ordinario di Diritto privato, Roberto Calvo è autore di libri importanti. Tra gli altri “Scienza e valori della legislazione civile. Diritti della persona, positivismo giuridico e antiebraismo”, un contributo recente che ha permesso di approfondire il procedimento di formazione delle leggi nell’Italia fascista e nel Terzo Reich. Si inserisce in questo filone di studi il suo nuovo saggio di cui è autore: “L’ordinamento criminale della deportazione” (ed. Laterza). Un’accurata indagine sulle radici politico-legali della Shoah, con l’opportunità di un’attualizzazione “in merito all’alternativa tra valori universali e concezione autoritaria del potere”. Tra gli obiettivi, spiega Calvo, quello di gettare un po’ di luce sulle basi formali della persecuzione antisemita. Alludendo con ciò a quei fondamenti giuridici, ossia agli atti normativi e ai consequenziali provvedimenti delle autorità amministrative e giurisdizionali “che condussero una minoranza di cittadini, già titolare di pieni diritti come qualunque altro soggetto giuridicamente capace, alla morte civile seguita dallo sterminio di massa”. Il libro si apre con una citazione dal pensiero di Hannah Arendt, che sosteneva: “Se è vero che i campi di concentramento sono l’istituzione più conseguente del regime totalitario, l’indugio sugli orrori appare indispensabile per comprenderlo”.
Molte le iniziative che vedono il libro al centro. Il volume è stato infatti appena presentato nell’ambito del ciclo di incontri della Fondazione Einaudi di Torino, con la partecipazione di Fabio Levi ed Ermanno Vitale e il coordinamento di Paola Bianchi. Mentre in precedenza era stato protagonista all’Università Bocconi di Milano, nell’occasione della “Giornata del giurista” celebrata dall’ateneo con un ricco programma. “Nelle situazioni di crisi del diritto, l’appello ai principi può consentire al giurista di sottrarsi al vincolo di fedeltà alle leggi? In altri termini, c’è un limite oltre il quale il giurista può (o addirittura deve) disapplicare le leggi in nome del diritto?” una delle domande cui anche Calvo era stato chiamato a rispondere, partendo dai temi sollevati nel suo studio. La tavola rotonda aveva visto tra gli altri l’intervento dell’ex ministra Marta Cartabia e del presidente della Fondazione Cdec Giorgio Sacerdoti.