Rogo fascista alla sinagoga,
le testimonianze inedite in mostra
È il 14 maggio del 1943 quando una squadraccia fascista fa irruzione nella sinagoga tedesca di Padova, stupendo edificio cinquecentesco, luogo di preghiera e di incontro da innumerevoli generazioni, incendiandola e devastandola. In quell’Italia dell’odio che si avviava alla persecuzione delle vite dopo quella dei diritti sancita con la legislazione razzista del ’38, un tragico segno rispetto a cosa ancora si stava preparando per gli ebrei italiani. “Edificio distrutto da odio antisemita nel maggio 1943. Ricostruito dagli ebrei di Padova” si legge nella targa fatta affiggere nel 1998, 55 anni dopo quella barbarie in camicia nera che la stampa di regime cercò di far passare come un evento casuale, non intenzionale. Una spudorata menzogna. Smentita dalle testimonianze che iniziarono ad affiorare, anche da parte non ebraica, soltanto nel dopoguerra. Quando parlare non costituiva più motivo di pericolo.
A ottant’anni da quella giornata la Fondazione per il Museo della Padova Ebraica, la cui sede si trova proprio nei locali della sinagoga, e la Comunità ebraica hanno deciso di fare memoria di quegli eventi con una mostra (“…E riedificheranno antiche rovine”, citazione che si trova anch’essa sulla lapide) con esposte al suo interno foto d’epoca, documenti e testimonianze recentemente emersi dall’archivio comunitario. L’inaugurazione avverrà domenica mattina, nell’ottantesimo anniversario. “Un’iniziativa che si inserisce nell’ambito di un lavoro di riorganizzazione e valorizzazione dell’archivio. È possibile che diventi un allestimento permanente, di modo che ogni visitatore del Museo possa entrare in contatto con questa storia” racconta Gina Cavalieri, presidente della Fondazione dedicata al Museo.
I fascisti distrussero arredi lignei, i tendaggi, lampadari e candelabri, il matroneo. La sinagoga, già oggetto nel 1926 di un attentato della stessa matrice, in seguito fu anche bombardata. Si salvò solo l’Aron ha Kodesh, l’altare in marmo che custodisce i rotoli della Torah. Nell’aprile del 1955 Michelangiolo Romanin Jacur, il presidente della Comunità, ne dispose il trasferimento e la ricostruzione a Tel Aviv.
Questo e altro ancora si racconta nella mostra, il cui obiettivo – viene evidenziato – “è far rivivere quattro secoli di storia della sinagoga di rito askenazita, il trauma delle persecuzioni, la violenza delle politiche razziali dello Stato fascista, la voce dei testimoni dell’epoca”. Tra cui quella di Lea Nissim, figlia del rabbino Paolo Nissim e inconsapevole spettatrice all’età di quattro anni del rogo che divorò il Beth haKnesset.
All’inaugurazione interverranno tra gli altri Stefano Zaggia, professore ordinario di Storia dell’Architettura dell’Università di Padova; Davide Romanin Jacur, già presidente della Comunità ebraica di Padova e attuale assessore UCEI; Mariagrazia Mandruzzato, attrice, che leggerà alcuni documenti inediti e testimonianze d’archivio. Sarà un’occasione, spiega Cavalieri, per affrontare alcuni snodi di un periodo complesso “e di cui però poco si parla in genere: quello degli ebrei italiani chiamati alla scelta, nel dopoguerra, se investire ancora nel futuro dell’ebraismo italiano o se rivolgersi altrove”. Bivio ben rappresentata dalla vicenda stessa dell’Aron trasferito in Israele a metà anni Cinquanta, oggetto al tempo di un appassionato dibattito interno alla Comunità.