“Terrorismo, la ferita inflitta alle famiglie
una ferita inferta alla Repubblica”
Da qualche anno, nella lista delle vittime ricordate nell’occasione del “Giorno della Memoria” per non dimenticare le vite spezzate dal terrorismo, compare anche il nome del piccolo Stefano Gaj Taché. Il bambino di due anni assassinato nell’attentato palestinese al Tempio Maggiore di Roma, in quel 9 ottobre drammatico snodo recente nella storia dell’ebraismo italiano e romano. “Era un nostro bambino, un bambino italiano” dirà 33 anni dopo Sergio Mattarella, nel suo discorso di insediamento, sottolineando quanto questa vicenda lo abbia segnato e quanto il Paese abbia bisogno di farla propria.
Al Quirinale grandi sono state anche quest’anno le emozioni, nel corso della solenne cerimonia tenutasi davanti ai familiari delle vittime e alle più alte cariche dello Stato. “La ferita inferta ai familiari dei caduti è una ferita inferta al corpo della Repubblica, fondata sulla nostra Costituzione. Una Costituzione che parla di libertà, di democrazia, di responsabilità, di solidarietà, di rispetto di ogni persona” la riflessione di Mattarella nel suo intervento, alla presenza tra gli altri della presidente UCEI Noemi Di Segni. Per poi aggiungere: “Quante esistenze distrutte, quante vite sottratte, quanto sangue e quanto dolore sparso in nome di ideologie disumane e respinte dalla storia”. Sono vicende, ha quindi affermato, che “parlano a tutti noi, parlano ai nostri giovani, sollecitandoli a fare delle istituzioni il luogo autentico del confronto politico” e “a non lasciarsi accecare dall’odio né tentare dalla violenza per imporre le proprie convinzioni”.
(Foto: Quirinale)