Israele-Jihad islamica, scontro aperto
Nella notte le forze di difesa israeliane hanno ucciso Ali Ghali, il comandante delle forze missilistiche a Gaza del movimento terroristico Jihad islamica. Un duro colpo per il gruppo, scrivono i media locali che prevedono il prolungarsi dello scontro. “Ghali era considerato una figura chiave della Jihad islamica palestinese e ha preso parte attiva alla recente raffica di razzi lanciati contro Israele”, si legge in un comunicato diffuso nella notte dall’esercito. La sua eliminazione fa parte dell’operazione Scudo e Freccia lanciata da Israele per indebolire proprio la Jihad islamica, che può contare sul sostegno dell’Iran. L’operazione è iniziata con l’uccisione di tre suoi elementi di vertice a Gaza, a cui il movimento del terrore ha risposto con il lancio di centinaia di missili ieri contro il territorio israeliano, come raccontano oggi diversi quotidiani italiani. “La Jihad si vendica per il blitz israeliano. Pioggia di razzi, i bagnanti in fuga”, titola il Corriere della Sera.
“Le sirene suonano a Tel Aviv alle due del pomeriggio nel pieno della giornata lavorativa e a scuole aperte e in città tutti corrono nei rifugi giusto in tempo per sentire le ripetute esplosioni, forse un segno che il sistema di difesa Iron Dome ha colpito l’obiettivo. – la cronaca di Repubblica – Nel giro di poche ore, circa quattrocento razzi vengono sparati da Gaza contro il territorio israeliano, soprattutto il Sud del Paese. È la vendetta della Jihad islamica per l’operazione Scudo e Freccia”. Una ritorsione per il momento senza gravi conseguenze per Israele, con la popolazione protetta grazie al sistema di difesa Iron Dome. A quest’ultimo, racconta ancora Repubblica, si è aggiunta una nuova tecnologia, la “Fionda di Davide”, progettata per intercettare missili a medio e lungo raggio (lanciati da distanze di 40-300 chilometri), “che per la prima volta riesce ad abbattere un razzo diretto contro Tel Aviv”.
Tenere fuori Hamas. Dal Sole 24 Ore a La Stampa si sottolinea come l’obiettivo dell’operazione Scudo e Freccia nella Striscia di Gaza sia solamente la Jihad islamica, mentre il movimento terroristico che controlla l’area, Hamas, non è nel mirino. Anzi, le forze di sicurezza israeliane vogliono tenerlo fuori dallo scontro per evitare un conflitto prolungato. Lo spiega in modo approfondito sulle pagine di Repubblica Daniele Raineri. “Israele vorrebbe che questo round di scontri somigliasse all’operazione “Breaking Down” e non all’operazione “Spada di Gerusalemme”. Breaking Down fu un confronto di sole cinquantasei ore nell’agosto 2022, fu lanciato dagli israeliani e riguardò soltanto la Jihad islamica palestinese. Nelle prime ventiquattr’ore i raid uccisero Tayseer Jabari e Khaled Mansour, i due capi militari più importanti. Dalla Striscia partirono circa millecento razzi contro le città israeliane, ma non fecero danni. Hamas assunse una posizione neutrale, – spiega Raineri – non partecipò con i suoi arsenali e anche per questo la vampata di violenza si spense relativamente in fretta”. Spada di Gerusalemme è invece l’azione con cui la stessa Hamas attaccò Israele nel maggio 2021, coinvolgendo tutte le fazioni della Striscia. Durò undici giorni con oltre quattromila razzi sparati, vittime tra i civili israeliani e una forte reazione dell’esercito. “Il finale di questi scontri è sempre lo stesso, il numero di razzi comincia a diminuire in modo fisiologico e si arriva a un cessate il fuoco di solito mediato dall’intelligence dell’Egitto, ma la differenza tra i due scenari è enorme”, sottolinea la firma di Raineri. Per il momento Hamas si sta di fatto tenendo fuori dallo scontro.
La diplomazia internazionale. La Casa Bianca ha invitato tutte le parti a “ridurre la tensione” per timori di una nuova spirale di violenza. “Chiediamo a tutte le parti una de-escalation”, ha detto un portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, aggiungendo tuttavia che Israele ha il diritto di difendersi dagli attacchi missilistici, racconta Libero. L’Unione europea invece ha diffuso un comunicato in cui si è detta “seriamente preoccupata per l’escalation a Gaza a seguito dei raid aerei israeliani”. “L’Ue – si legge ancora nel comunicato – deplora profondamente la perdita di vite civili, compresi i bambini, e chiede il rispetto del diritto internazionale umanitario. Le vite civili devono essere protette in ogni circostanza”. Secondo il ministero della Sanità palestinese, scrive ancora Libero, i morti a Gaza dall’inizio dell’operazione israeliana sono venti. Sul fronte diplomatico, l’Egitto, come più volte in passato, sta lavorando per raggiungere un cessate il fuoco. In merito allo scontro, La Stampa intervista lo scrittore israeliano Assaf Gavron che critica la scelta di avviare l’operazione a Gaza. “ È sembrata più una questione politica all’interno del governo o di interesse personale di Netanyahu, che cerca di combattere contro il calo nei sondaggi e accontentare la propria base. – la tesi di Gavron – Qual è davvero il punto? È semplicemente ridicolo e deprimente che niente cambi. I comandanti assassinati saranno rimpiazzati. Non un singolo miliziano palestinese avrà pensato, nemmeno per un secondo, che sarebbe meglio smettere di combattere. Al contrario, vorranno lottare sempre più duramente”.
L’attacco alla sinagoga di Djerba. È di cinque morti il bilancio della sparatoria compiuta da un gendarme tunisino, poi a sua volta ucciso, nella tarda serata di martedì vicino alla sinagoga di Djerba, in Tunisia. Tra le vittime dell’attacco, tre agenti di sicurezza e due civli, Aviel e Benjamin Haddad, rispettivamente di 30 e 42 anni. I due erano cugini ed erano a sull’isola per partecipare al tradizionale pellegrinaggio alla sinagoga di El Ghriba per la festività ebraica di Lag BaOmer. L’attentato è avvenuto in due fasi, ha dichiarato il ministero dell’Interno tunisino in un comunicato. Il gendarme autore dell’attacco ha prima ucciso uno dei suoi colleghi e ha preso le sue munizioni. Si è poi recato nell’area intorno alla sinagoga dove ha aperto il fuoco contro altri agenti della sicurezza e contro la gente radunata nel posto prima di essere ucciso, riporta Avvenire. Secondo l’ex ministro del Turismo tunisino René Trabelsi, presente con la famiglia durante l’attacco, “è stata evitata una carneficina”. “Al momento dell’attacco – ha detto Trabelsi – la sinagoga era quasi vuota poiché la maggior parte dei visitatori se n’era già andata”. A inviare la propria solidarietà a Tunisi e alla comunità ebraica è stato, tra gli altri, il Capo dello Stato Mattarella. “Desidero ribadire con forza la più ferma condanna di ogni atto di violenza antisemita”, le parole d il presidente Sergio Mattarella in un messaggio al presidente tunisino Kais Saied.
Ricordare Alessandro Rimini. Nell’ambito del progetto europeo Architecture and Remembrance, la Fondazione CDEC in collaborazione con la Fondazione Ordine Architetti Milano ha organizzato questa sera a Milano un evento dedicato all’architetto Alessandro Rimini. Durante la serata verrà proiettato in anteprima speciale un film documentario di Davide Rizzo dedicato all’architetto milanese che fu cancellato dall’Ordine nel 1939 in seguito all’emanazione delle leggi razziste. A ricostruire la storia di Rimini, il Giornale, che ricorda i tanti progetti realizzati a Milano e il segno lasciato sulla sua vita dalle persecuzioni antisemite. “Illuminato, simpatico, pragmatico: mio nonno era maniacale sul lavoro. Un puro”, racconta al Giornale la nipote Chantal Lagonigro.
Apologia. “Il saluto romano fuorilegge? Un’aberrazione” è il titolo di un editoriale che compare in prima pagina di Libero oggi a firma di Iuri Maria Prado. Questi attacca la Corte di Cassazione per aver ribadito di recente l’ovvio, ovvero che il saluto romano è un reato. Per Prado questa decisione invece sarebbe liberticida e il gesto fascista rientrerebbe nella libertà di espressione. La firma di Libero arriva a proporre “un bel corteo di cittadini perbene i quali, superando lo schifo di abbandonarsi a quel gesto schifoso, tirino su il braccio a denuncia di uno schifo anche più grande, e cioè l’idea illiberale e la pratica antidemocratica riassunte nella giustizia che pretende appunto di sanzionare una convinzione, per quanto odiosa, e l’atteggiamento, per quanto detestabile, che la rende esplicita”.
Daniel Reichel