Zelensky a Roma e in Vaticano
In una Roma blindata, riportano i quotidiani, il presidente ucraino Zelensky ha incontrato il Presidente della Repubblica Mattarella, la Presidente del Consiglio Meloni e papa Bergoglio. È la sua prima visita italiana dall’inizio dell’aggressione russa nel febbraio 2022. “Benvenuto, l’Italia è pienamente al vostro fianco” e “Bisogna arrivare alla pace, ma che sia pace vera e non una resa”, le parole di Mattarella. “Sinfonia per le orecchie di Zelensky”, commenta Repubblica, sottolineando il caloroso incontro con la Premier Meloni, messo in evidenza anche dal Corriere. I due hanno avuto un faccia a faccia di 70 minuti. “Sono felice che Zelensky, un amico, sia qui”, ha dichiarato Meloni. Poi il messaggio del presidente ucraino al Vaticano, che sembrava voler portare avanti un progetto di mediazione tra le parti. “Con tutto il rispetto non abbiamo bisogno di mediatori”, ha affermato Zelensky rivolgendosi al papa. “Dobbiamo esprimere azioni per una pace giusta. Invitiamo lui ad unirsi all’attuazione del nostro piano di pace”. Dunque è stata declinata la proposta di mediazione, mentre è stato accolto l’impegno del Vaticano per una missione umanitaria “per far tornare i bambini ucraini a casa” dalla Russia. Zelensky è poi stato a Berlino.
Secondo il direttore di Repubblica Maurizio Molinari, mentre l’Ucraina ha lanciato la controffensiva, cominciano ad essere maturi i tempi per parlare di un cessate il fuoco alla luce delle difficoltà di Putin nel gestire questa aggressione prolungata a Kiev. “La mediazione diplomatica comincia ad avere senso e bisogna incominciare a pensare ‘come’ porre fine alla guerra. Nelle parole del politologo Charles Kupchan, già consigliere di Affari Europei nelle amministrazioni Clinton e Obama, ‘si avvicina il momento nel quale Biden chiederà a Macron e Scholz chi deve telefonare a Zelensky per dirgli che è l’ora di trattare’. E trattandosi di una guerra in Europa, l’Unione Europea deve decidere in fretta quale approccio avere: l’adesione dell’Ucraina all’Ue — sostenuta da questo giornale — può essere un primo indispensabile tassello del nuovo assetto di sicurezza sul Vecchio Continente”, afferma Molinari.
Cessate il fuoco in Israele. Grazie alla mediazione egiziana si è arrivati la scorsa notte al cessate il fuoco tra Israele e i gruppi terroristici di Gaza, in particolare con la Jihad islamica. Le proposte egiziane accettate dalle parti, scrive il Giornale, “prevedono l’interruzione dei bombardamenti e le uccisioni mirate delle forze di difesa di Israele in cambio della rinuncia da parte della Jihad a chiedere la fine in maniera permanente degli attacchi mirati contro i suoi comandanti militari e la restituzione del corpo di Khader Adnan, l’esponente della fazione morto in un carcere israeliano a causa dello sciopero della fame, episodio che ha scatenato l’ultima escalation della tensione. I primi ad accettare le proposte egiziane sono stati gli esponenti della Jihad, e solo in serata è arrivato anche il sì dei delegati di Gerusalemme”.
Le vittime del terrorismo. Dopo Inga Avramyan, la donna uccisa da un missile palestinese che ha colpito un edificio di Rehovot, c’è stata un’altra vittima degli attacchi palestinesi, come racconta La Stampa.“Per amara ironia della sorte, nel quinto giorno di conflitto, un palestinese 35enne residente di Gaza è morto in seguito alle ferite riportate dalle schegge di un razzo della Jihad islamica, lanciato dalla Striscia in territorio ebraico. Suo fratello, anch’egli colpito dai frammenti, è in pericolo di vita. – spiega il quotidiano torinese – Sono 17 mila i palestinesi di Gaza a cui le autorità israeliane hanno concesso permessi di ingresso per motivi di lavoro. Un’iniziativa che il precedente governo aveva concordato con l’autorità palestinese per offrire fonti di reddito migliori agli abitanti dell’enclave impoverita. Il lancio dell’operazione militare israeliana “Scudo e Freccia” e contestualmente la chiusura dei valichi di transito hanno però bloccato in Israele i due pastori, che si sono trovati, come un milione e mezzo di israeliani residenti nel sud del Paese, sotto tiro dei razzi della Jihad islamica”. Nel mentre, aggiunge il Messaggero, sono proseguite “sebbene in tono minore per il conflitto, le manifestazioni di protesta contro la riforma giudiziaria intrapresa dal governo Netanyahu, arrivate alla diciannovesima settimana consecutiva”.
Turchia al voto. Sono 64 milioni i cittadini turchi che in queste ore sono chiamati alle urne per le elezioni presidenziali che sanciranno il futuro del paese. A sfidarsi, il presidente uscente Erdogan, da vent’anni al potere, e il leader dell’opposizione Kemal Kiliçdaroglu, in vantaggio nei sondaggi. “Quella di oggi è una scelta fra dittatura e democrazia. Liberiamoci della camicia di forza in cui viviamo imprigionati da vent’anni”, l’auspicio espresso sulle pagine de La Stampa dalla scrittrice e attivista turca Ece Temelkuran.
Testamento biologico. Già nel 2005 il parlamento israeliano aveva promulgato il “Dying Patient Act”, provvedimento che regola nel paese il fine vita. Secondo l’organizzazione Lilach (Società Israeliana per Vivere e Morire con Dignità) meno di 41 mila israeliani adulti hanno compilato i documenti utili a informare il sistema sanitario sulle proprie volontà. Tra cui, il testamento biologico, la nomina di un medico come operatore sanitario responsabile e di una persona autorizzata a decidere quando il paziente non è più in grado di farlo, spiega Specchio – settimanale de La Stampa – che racconta di un’iniziativa di sensibilizzazione lanciata proprio dalla Lilach per rilanciare almeno un confronto sul tema in Israele. L’associazione ha invitato i suoi iscritti ad indossare un braccialetto viola con la scritta “Non rianimatemi” e, scrive Specchio, “spera che la curiosità porti familiari, amici e conoscenti a chiedere informazioni sul suo significato. E, se non proprio a compilare i documenti, almeno a intavolare una conversazione sul tema con i propri cari, per dirsi esplicitamente e reciprocamente quali sono le proprie volontà”.
Eurovision. Si è chiusa a Liverpool la competizione canora internazionale Eurovision con la vittoria della cantante svedese Loreen. Terzo posto per l’israeliana Noa Kirel nell’edizione tutta dedicata a Kiev, dopo lo spostamento in Gran Bretagna dovuto dalla guerra in Ucraina (paese vincitore lo scorso anno e quindi in teoria ospitante).
Aste. Il 17 maggio a New York sarà messo all’asta il codice Sassoon, presentato da Sotheby’s come il più antico manoscritto completo della Bibbia ebraica, che risalirebbe agli inizi del X secolo e contiene tutto il Tanach. A raccontare la storia del manoscritto, Giovanni Maria Vian su Domani. “Il codice deve il nome a chi nel 1929 lo scoprì: David Solomon Sassoon, nipote del capo della comunità ebraica di Baghdad (poi di Bombay). Rampollo della ricchissima dinastia dei ‘Rotschild d’oriente’, Sassoon ricercò e acquistò nel vicino e medio oriente centinaia di libri antichi, poi in gran parte venduti dalla famiglia. Alla sua collezione appartenevano il Pentateuco di Damasco — un manoscritto del X secolo con la sola torah (mancante di alcune parti) — e il codice ora all’asta, comprato da Sassoon per 350 sterline e dal 1978 rivenduto per tre volte con quotazioni sempre crescenti, fino ai 4,2 milioni di dollari sborsati da Safra nel 1989”. La quotazione attuale del codice medievale è fra i 30 e i 50 milioni di dollari.
Una moschea a Firenze. La Comunità islamica fiorentina avrà presto una nuova moschea. Si trovera all’interno dell’ex filiale di Banca Intesa all’angolo fra piazza dei Ciompi e via Martiri del Popolo (487 metri quadrati, su due livelli) e sostituirà l’ex garage-luogo di culto, sull’altro lato della piazza, sotto sfratto da dicembre. “Una svolta storica, la fine di vent’anni di discussioni, ipotesi fallite, polemiche strumentali, un grande successo di civiltà non solo per la Comunità islamica, ma per Firenze, capitale del dialogo fra fedi e culture”, il commento, racconta Repubblica Firenze, del sindaco Nardella nell’annunciare la notizia con a fianco l’assessore al welfare Sara Funaro e l’imam Izzeddin Elzir. In prima linea per trovare una soluzione, scrive il quotidiano, l’assessore Funaro, che ora invita a “considerare la bellezza di questo triangolo del centro, in cui Cupola del Duomo, Cupola della Sinagoga, e nuova moschea, si richiameranno a poche centinaia di metri di distanza”. Il sindaco Nardella e l’imam Elzir hanno anche ringraziato il Console onorario di Israele per la Toscana, l’Emilia Romagna e la Lombardia Marco Carrai che ha facilitato l’accordo con Intesa.
Segnalibro. Sul Domenicale del Sole 24 Ore viene presentato Adelphi. Le origini di una casa editrice (1938-1994), firmato da Anna Ferrando per l’editore Carocci. Una ricostruzione della storia della casa editrice nata dal sodalizio Luciano Foà e Bobi Bazlen. L’editore Il Nuovo Melangolo riporta invece in libreria Guerriglia nei Castelli Romani di Pino Levi, uno dei primi memoriali partigiani. Il volume uscì per la prima volta nel 1945 e a recensirlo fu Cesare Pavese. “Non predica, non fa lezione di storia odi eroismo, né a sé né agli altri”, scrisse Pavese delle pagine firmate da Pino Levi. “Nato nel 1911, a Genova, da una famiglia di commercianti di religione ebraica, Pino Levi, nel marzo 1937, subito dopo la laurea in Giurisprudenza, va a Parigi da Carlo Rosselli, per arruolarsi nelle forze repubblicane nella guerra di Spagna”, racconta Repubblica Genova. Non vi arriverà, ma sarà comunque arrestato e inviato al confine con l’accusa prima di essere comunista e poi ebreo. “Dopo il 25 luglio 1943, Pino Levi è libero, torna a Genova riabbraccia i genitori, ma decide che non può girarsi dall’altra parte e, grazie a un compagno, decide di unirsi alla Resistenza e va a Roma. Comincia da qui, dal 3 ottobre 1943, il diario partigiano di Pino Levi, che aggiungerà al suo cognome quello della madre, Cavaglione, dopo l’assassinio di entrambi i suoi genitori, ad Auschwitz, rastrellati a Genova durante i giorni della deportazione degli ebrei genovesi del novembre 1943”.
Daniel Reichel