Rapimento di Edgardo Mortara,
un sopruso che parla al presente

“La storia del rapimento di Edgardo Mortara è talmente atroce che, se non fosse vera, nessuno ci crederebbe”. Un dramma, la riflessione del giornalista Daniele Scalise, in primo luogo per la prima vittima di questa vicenda: il piccolo Edgardo, strappato alla famiglia dalla Chiesa di Pio IX. “La lotta della famiglia per riaverlo, il ruolo del papa, poi il suo diventare un prete, ma odiato da tutto l’ambiente cattolico in cui si trovava. Un storia da romanzo”. E da cui Scalise – dopo aver firmato il saggio storico Il caso Mortara (ed. Mondadori) a cui si è ispirato il regista Marco Bellocchio per il suo “Rapito” (in concorso a Cannes)- ha effettivamente tratto un romanzo: Un posto sotto questo cielo (Longanesi), presentato in anteprima al centro sociale della Comunità ebraica di Torino nei giorni del Salone del Libro. Un’iniziativa organizzata in collaborazione con l’Associazione Italia-Israele di Torino. A dialogare con l’autore, dopo i saluti del presidente della Comunità torinese Dario Disegni e del presidente della Associazione Italia-Israele locale Dario Peirone, la studiosa Elèna Mortara. “Una storia atroce e incredibile”, ha ricordato Disegni. Eppure vera e soprattutto, ha messo in evidenza Mortara, pronipote di Edgardo, un caso dall’impatto internazionale. “La battaglia per riavere Edgardo (che poi riallacciò i contatti con i suoi cari) fu in definitiva perduta, ma la guerra per l’Emancipazione ebraica, su cui questo caso ebbe grande influenza, fu vinta: il rapimento generò una reazione internazionale. I cattolici liberali si schierarono al fianco della minoranza perseguitata e contro la cultura dominante. Non un fatto scontato che parla di una lotta ancora attuale”, la riflessione di Mortara, autrice sul caso Writing for Justice: Victor Séjour, the Kidnapping of Edgardo Mortara, and the Age of Transatlantic Emancipations, premiato con il riconoscimento europeo “American Studies Network Book Prize”.
Attraverso un’attenta analisi del romanzo di Scalise, Mortara ha ricordato al pubblico quanto sia in genere poco consapevole dell’importanza di questa vicenda. E come “non sia una storia così lontana: Edgardo (nato nel 1851 e sottratto dalle autorità pontificie alla famiglia nel 1858) è morto nel 1940 e nella mia famiglia la sua storia era molto presente. Era lo ‘zio prete’ con tutta le contraddizioni che questa definizione può assumere in una famiglia ebraica”. Se la memoria di questo rapimento, emblema dell’abuso della Chiesa di Pio IX sulla minoranza ebraica, era sempre ben chiaro nella memoria familiare, molto meno lo è in quella collettiva italiana. “Spero che la nuova attenzione, tra questo nuovo romanzo di Scalise e il film di Bellocchio, restituisca la giusta consapevolezza di questo passato”. Che parla al presente perché è rimasta una ferita aperta. E lo dimostra, ha rilevato Scalise, l’atteggiamento odierno della Chiesa: due voci autorevoli a cui il giornalista si era rivolto per capire come la questione oggi venga percepita nel mondo cattolico si sono rifiutate di parlare. Il suo ultimo lavoro in ogni caso è un romanzo e non una ricostruzione storica fedele, tiene a precisare, anche alla luce di alcuni elementi critici messi in luce da Elèna Mortara. “Mi sono preso abusivamente e con piacere la libertà di inventare. Quello che mi interessava era immaginare la devastazione di quest’uomo, Edgardo, sfruttando quegli appunti dei suoi diari di cui ero riuscito a leggere alcuni passaggi. Pagine in cui si vedeva l’odio che lui suscitava, diventato prete, negli altri sacerdoti, nei superiori. In cui si raccontava dell’umiliazione subita per mano di Pio IX, che non aveva desiderio di averlo accanto. Un uomo che non riusciva a trovare un suo posto sotto questo cielo”. Edgardo fu strappato alla famiglia sulla base di un presunto battesimo fatto in segreto da una domestica. I gendarmi pontifici il 23 giugno del 1858 si presentarono nella casa bolognese dei Mortara e portarono via il bambino. Sopruso che divenne emblema della violenza pontificia sulla minoranza ebraica e generò reazione in tutto il mondo ebraico e non solo, come hanno sottolineato Scalise e Mortara.