L’audizione alla Camera dei deputati
“Ebrei nei Paesi arabi,
un mondo quasi sparito”

“Se uno viaggiasse nel tempo e si ritrovasse alla fine o a metà dell’Ottocento, nonostante le gravi difficoltà in cui versavano le comunità ebraiche nel mondo arabo, incontrerebbe in ogni Paese della regione una percentuale che oscilla tra l’uno e il due per cento della popolazione composta da ebrei. Oggi, se uno visitasse questi Paesi, non troverebbe più nessuno”.
È partito da questo confronto numerico David Meghnagi, presidente del Comitato accademico europeo per la lotta all’antisemitismo, nella sua audizione da parte della Commissione Esteri della Camera dei deputati sul tema della “memoria e presenza ebraica” all’interno del mondo arabo. Un approfondimento in cui vari sono stati i riferimenti al proprio vissuto di ebreo libico costretto a lasciare Tripoli nell’occasione del pogrom del giugno del 1967, concomitante alla vittoria israeliana nella Guerra dei sei Giorni.
“In Iraq c’erano oltre 100mila ebrei, oggi quella comunità è sparita. È successo anche in Siria, in Egitto…come è potuto accadere?” si è chiesto Meghnagi, facendo con ciò riferimento anche alla vivace realtà degli ebrei di Libia emigrata altrove per sfuggire alle violenze e ai massacri (in un numero significativo proprio in Italia e in particolare a Roma). Su questa vicenda, il pensiero di Meghnagi, troppo poco è stato scritto e detto. “Ho intitolato questa mia relazione ‘L’esodo silenzioso’. Gli esodi non sono mai silenziosi, ma questo lo è stato nel racconto della stampa”, la sua constatazione nel merito. Meghnagi si è anche soffermato “su alcuni luoghi comuni con cui mi sono dovuto confrontare nel tempo”. Uno di questi, ha detto, è la tesi di chi sostiene che le persecuzioni subite dagli ebrei nel mondo arabo “fossero collegate al conflitto mediorientale”. Si tratterebbe di un luogo comune “molto resistente e che falsa il processo di decolonizzazione nelle sue luci e ombre”. La persecuzione contro gli ebrei, ha proseguito il relatore, “non ha nulla a che vedere con la storia del colonialismo, ma è semmai il prodotto di un colonialismo interno: un concetto che ho coniato a metà degli Anni Ottanta”.