“Rapito”, il plauso della critica
Ieri sera, al Festival di Cannes, l’esordio del film “Rapito” di Marco Bellocchio. Molto positiva l’accoglienza della critica italiana rispetto a quest’opera attesa, che documenta la violenza compiuta dalla Chiesa di Pio IX nei confronti del piccolo Edgardo Mortara. Sottratto ai suoi cari perché, così si disse, battezzato in segreto dalla domestica cattolica.
“Il potere spirituale e temporale di Pio IX si rivela subito invincibile e il ‘non possumus’, che sentenzia di fronte alle richieste di restituire il piccolo, diventa nel film la sintesi di una forza inattaccabile. Ma non per questo meno raccontabile”, osserva tra gli altri il Corriere. La bella idea del film “diventa allora il pedinamento, la scoperta giorno dopo giorno di come il piccolo Edgardo viene accompagnato a tradire la sua fede originaria e l’amore per la sua famiglia”.
Su Repubblica, in un articolo a firma del direttore Maurizio Molinari, si loda del film “la ricostruzione storica meticolosa, che ci consegna tre tasselli dell’ostilità antiebraica che distingueva lo Stato Pontificio”. Il primo è “quello del rapimento: non solo del piccolo Mortara ma di una moltitudine di bambini ebrei che, con le motivazioni più differenti, venivano staccati dalle famiglie per essere convertiti”. Il secondo “è descritto dalla scelta di Edgardo Mortara che, diventato adulto, subito dopo la liberazione di Roma nel 1870 rifiuta di tornare alla propria famiglia per restare fedele, fino alla morte nel 1940, al cattolicesimo: è una rappresentazione plastica di quanto a fondo nel suo animo l’antigiudaismo aveva scavato”. Il terzo, conclude, è una testimonianza sulle “umiliazioni quotidiane a cui gli ebrei erano sottoposti”.
Il regista, accolto a Cannes da un lungo applauso, ha rilasciato alcune dichiarazioni. “C’era una verità che andava ricostruita, una comunità cattolica che compie una violenza in nome di un principio” le sue parole, in una intervista con la Stampa. Confida ancora Bellocchio: “Alcuni sacerdoti e alcuni ebrei l’hanno visto. I primi, alla fine, erano emozionati e pensierosi. I secondi evidentemente commossi e questo mi ha fatto piacere”. La sua speranza è che presto possa presentarlo anche al papa, in una serata “tra amici”.
Chi l’ha già visto è Elèna Mortara, pronipote di Edgardo, che a Repubblica dice: “È stata una grande emozione rivivere questa storia attraverso la potenza del cinema. Bellocchio è riuscito a entrare nelle pieghe dell’anima della famiglia, a cogliere la violenza di ciò che è successo”. Per Mortara “è sorprendente pensare a quanto siamo storicamente vicini a quegli eventi; mio padre, nato cinquant’anni dopo il rapimento, ha conosciuto Edgardo e fino alla sua morte si sono frequentati”. L’auspicio che viene formulato è che “possa toccare il pubblico, entrare nelle coscienze e nella storia di questo Paese, che ha dimenticato pagine importanti”.
Anche altri giornali scrivono di Rapito. “Sostenuta dall’opinione pubblica e dalla comunità ebraica internazionale, la battaglia dei Mortara assume presto una dimensione politica. Ma il pontefice non accetta di restituire il bambino. E mentre Edgardo cresce nella fede cattolica, il potere temporale della Chiesa volge al tramonto e le truppe sabaude conquistano Roma”, la sintesi di Avvenire (“Bellocchio ‘libera’ il piccolo Mortara”, il titolo dell’articolo). “La tragedia di Edgardo, poi diventato predicatore cattolico pronto a rinnegare la famiglia di origine, è una pagina buia nella storia della Chiesa alla vigilia della Breccia di Porta Pia”, chiosa il Messaggero. Meno convinto sembra il Giornale, che parla di “lettura ideologica” nel mettere in discussione “la figura di Giovanni Maria Mastai Ferretti, l’ultimo papa re, del quale vengono sottolineati i dettagli funzionali a evidenziare la rapacità della Chiesa”.
Spazio anche per alcuni aneddoti. Gad Lerner, sul Fatto Quotidiano, ricorda quando, da direttore del Tg1, si trovò a raccontare la cerimonia indetta da Wojtyla “per beatificare insieme due suoi predecessori che erano davvero l’uno l’opposto dell’altro: Giovanni XXIII e Pio IX”. In studio, la sera prima, si erano trovati a confronto il postulatore della causa di beatificazione di Pio IX Carlo Liberati e la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Tullia Zevi. Inevitabilmente, si accese una discussione. “Il monsignore, in punta di dottrina, voleva convincerci della validità di quella conversione di un minore inconsapevole”, rievoca Lerner.
Shirin Ebadi, prima donna musulmana Premio Nobel per la Pace, parla con il Corriere del suo Iran: “Continuerò a fare il possibile perché il regime cada. Smetterò di lavorare, di battermi per i diritti umani, solo quando l’Iran sarà un Paese democratico”. Nessuna battuta d’arresto, sostiene: “Dovete pensare alla rivoluzione come a un treno sulle rotaie. Prima va veloce, poi rallenta, poi succede che si deve fermare anche in qualche stazione. La rivoluzione iraniana partita dall’uccisione di Mahsa Amini, negli ultimi mesi ha solo cambiato forma”.
La parlamentare di Fratelli d’Italia Chiara Colosimo è la nuova presidente della Commissione Antimafia. Così Repubblica nel descriverne l’ascesa politica: “Sempre in prima fila alle celebrazioni fasciste di Acca Larentia, finisce nella rete del fantomatico Mark Caltagirone, il promesso sposo virtuale di Pamela Prati. E in campagna elettorale si fa intervistare davanti al manifesto di Corneliu Zelea Codreanu, fondatore della Guardia di ferro romena, noto fan del nazismo, che scatena la rivolta della Comunità ebraica”.
Sul Foglio si analizzano le strategie assunte da Kyrylo Budanov, il capo dell’intelligence militare ucraina che è presentato come un ammiratore di Jabotinsky. I suoi attacchi mirati, si legge, “imitano quelli più famosi del Mossad, l’intelligence israeliana, e dei suoi antenati: dalla caccia internazionale ai nazisti a quella ai terroristi in anni più recenti”.
Il tribunale di Mosca ha prolungato fino al 31 agosto la detenzione provvisoria di Evan Gershkovich, il corrispondente del Wall Street Journal accusato di essere una spia e per il quale molti si sono mobilitati anche nel mondo ebraico. La decisione, riferisce La Stampa, “rispecchia quanto richiesto dai servizi di sicurezza russi”.
Adam Smulevich
(24 maggio 2023)