Scola Italiana, un tesoro riconquistato
Edificata nel 1575, la Scola italiana è una delle cinque sinagoghe dell’antico Ghetto di Venezia. Un simbolo d’identità ebraico-veneziana riconoscibile anche dall’esterno, per via delle cinque finestre che ricordano la Scola Grande Tedesca e per la cupoletta barocca che sovrasta l’abside. Ma anche un patrimonio di tutta la città. Questo lo spirito che ha innescato il processo di restituzione “a nuova vita” della Scola, grazie a un contributo dell’organizzazione Save Venice che è andato a inserirsi nel quadro dei lavori di restauro in atto nell’area del complesso del Museo ebraico.
Una cerimonia ufficiale celebrerà l’evento nel pomeriggio, con la partecipazione di rappresentanti delle istituzioni sia locali che nazionali. Nel frattempo, a inquadrare l’importanza di questo impegno, in una dimensione anche internazionale, una conferenza stampa ha visto intervenire il presidente della Comunità ebraica Dario Calimani, che ha illustrato le strategie di sviluppo dedicate al Ghetto, la direttrice del Museo ebraico Marcella Ansaldi, che ha rappresentato la storia e le specificità della Scola Italiana, Melissa Conn di Save Venice, che ha introdotto i progetti dell’organizzazione e il lungo rapporto di sostegno offerto alla Comunità, David Landau, che ha affrontato tra le altre la sfida del fundraising, il direttore dei lavori Alessandro Pedron.
“Siamo qui oggi per festeggiare la riconsegna della Scola Italiana restaurata, e per ringraziare di cuore Save Venice. Ci emoziona particolarmente la restituzione, oggi, di un primo importante lotto dell’imponente restauro in corso ormai da tre anni nel Ghetto di Venezia: un’area museale e sinagogale di circa 2000 metri quadrati”, la soddisfazione di Calimani nel commentare i risultati raggiunti. A costruire la Scola, ha poi ricordato, furono gli ebrei di origine italiana per mantenere la tradizione e i riti che li distinguevano dagli ebrei di origine tedesca che, in fuga dalle persecuzioni in corso nell’Europa Centrale, “si erano rifugiati nel territorio di Venezia e si erano costruiti la Sinagoga Grande Tedesca e la Sinagoga Canton”. Una situazione insieme di “rifugio e segregazione”, oltre che di “separazione e protezione”. La Scola Italiana è stata da allora centro di vita, di religiosità e di studio “per più di tre secoli e mezzo”. Calimani non nasconde l’emozione: “Rientriamo in possesso di una sinagoga, splendida nella sua sobrietà, che non abbiamo mai abbandonato, come non abbiamo mai abbandonato nulla del patrimonio religioso, di cultura e di vita di cui siamo orgogliosi eredi. Qui hanno pregato e studiato i nostri avi. Siamo una comunità che si misura con i grandi numeri di un tempo. I 5 o 6 mila ebrei del ‘600 sono oggi ridotti a una comunità di circa 400 persone. L’eredità culturale e artistica di quattro congregazioni (Tedesca, Italiana, Levantina, Spagnolo-Portoghese) ricade oggi sui pochi che siamo. E tuttavia non abbiamo mai rinunciato e non intendiamo rinunciare a conservare, a vivere e a trasmettere vita e cultura”.
“Umile in atto e con sicura fede qui sui preci a depor venga ogni pio ed anco allor che volge altrove il piede sempre tenga il pensier rivolto a Dio” si legge nel piccolo ingresso della Scola, un ammonimento dal gusto ottocentesco che è la porta d’accesso a un ambiente nobile e severo. E questo, come è stato evidenziato quest’oggi, anche “per la semplice austerità dei suoi banchi, per la notevole Arca Sacra ornata da eleganti fregi lignei e culminante in un pesante fastigio, per il bel pulpito settecentesco che sporge da un’abside poligonale”. Un tesoro che torna ora a svelarsi a tutti.