Dall’Yishuv alla nascita dello Stato, un luogo per custodire il libro ebraico
Sul finire dell’Ottocento, a Gerusalemme, ci furono diversi tentativi di istituire una grande biblioteca pubblica ebraica. Ci provò la famiglia Montefiore, così come il padre dell’ebraico Eliezer Ben-Yehuda, ma i loro progetti ebbero per diverse ragioni vita breve. Nel 1892 a lanciarsi in questa missione culturale e sociale fu l’organizzazione ebraica internazionale B’nai B’rith, istituendo il “Midrash Abarbanel”, la prima biblioteca pubblica permanente in Erez Israel, intitolata allo studioso ebreo sefardita del Medioevo, Don Isaac Abarbanel. Mancavano ancora cinque anni alla celebre convocazione di Theodor Herzl del primo Congresso sionista a Basilea, ma il futuro Stato ebraico poteva già contare su una biblioteca da riempire. E infatti il suo mandato – come scrissero all’epoca i componenti del B’nai B’rith – era quello di raccogliere “i tesori della letteratura ebraica”. A dare un forte impulso all’istituzione nei suo primi passi sarà Joseph Chasanowich, portando in dote, da Bialystok, la sua collezione di diecimila volumi. Chasanowich, medico, fervente sionista con la passione per i libri, fu tra i promotori dell’idea di costruire una biblioteca nazionale per la futura Israele. E di farlo a Gerusalemme. “Nella nostra Città Santa, Gerusalemme, – scriverà Chasanowich in un volantino-appello in cui chiedeva di donare volumi al Midrash Abarbanel – tutti i libri scritti in ebraico e tutti i libri in tutte le lingue che trattano degli ebrei e della loro Torah, tutti gli scritti e i disegni che trattano della loro vita saranno custoditi”. Nel 1903 la biblioteca poteva contare già su 22mila volumi e la crescita fu costante, con lo spostamento in sedi sempre più ampie. Chiusa dalle autorità ottomane durante la prima guerra mondiale, la biblioteca riaprì e nel 1925 fu incorporata nella neonata Università Ebraica di Gerusalemme sul Monte Scopus. Viene deciso di cambiare il nome. E così chi va a consultare il suo patrimonio di oltre 30mila volumi, va alla Biblioteca Nazionale e Universitaria Ebraica.
Con le tensioni poi esplose nella guerra di Indipendenza del 1948, l’accesso al Monte Scopus fu tagliato da Gerusalemme Ovest. E così si decise di mettere in salvo la collezione – che aveva raggiunto il milione di copie -, portandola via di nascosto e disperdendola in diversi edifici della città. Finito il conflitto, si lavorò per ripristinare l’integrità di questo patrimonio librario che trovò nuova collocazione nel novembre del 1960. Sarà in quella data infatti che la Biblioteca prenderà posto nel campus Givat Ram dell’Università ebraica, rimanendovi per oltre sessant’anni.
Nel corso della sua storia, l’istituzione si è costruita un patrimonio inestimabile. Dalle opere manoscritte di Maimonide alle carte di Sir Isaac Newton, e dagli archivi personali di Martin Buber, e Franz Kafka fino a quello di Naomi Shemer. Nelle sue sale – che presto cambieranno – si trovano le più grandi collezioni al mondo di testi ebraici, musica ebraica e israeliana, nonché preziosi manoscritti islamici risalenti al IX secolo e mappe di Gerusalemme e della Terra Santa, oltre a libri rari, fotografie, materiali d’archivio pubblici e privati.
Uno dei suoi fiori all’occhiello è il Manoscritto di Aleppo, un antico manoscritto ebraico del X secolo contenente gran parte del testo del Tanakh.
Punto di di svolta per l’istituzione, il 2007 quando è diventata ufficialmente la Biblioteca nazionale d’Israele attraverso una legge della Knesset. Una norma che ne ha definito i suoi obiettivi: raccogliere, preservare, coltivare e dotare i tesori della conoscenza, del patrimonio e della cultura, con un’enfasi sulla Terra d’Israele, lo Stato d’Israele e il popolo ebraico in particolare, dando un’espressione vibrante e innovativa al concetto di popolo ebraico come popolo del libro.
(Foto di David Harris, Biblioteca nazionale d’Israele)