“No a qualsiasi intesa con Teheran”

Lontano dai riflettori, gli Stati Uniti hanno ripreso i colloqui indiretti con il regime iraniano per limitare il programma nucleare di Teheran. Le parti non confermano, ma i maggiori media internazionali hanno raccontato di questo nuovo tentativo di trovare un’intesa, dopo la decisione dell’amministrazione Trump di uscire dall’accordo siglato nel 2018 dalla presidenza Obama. Lo schema sarebbe molto più semplice rispetto al passato e in scala decisamente minore, ma nelle intenzioni dovrebbe frenare parzialmente il programma nucleare iraniano in cambio di un alleggerimento delle sanzioni. Secondo il New York Times, l’amministrazione Biden vorrebbe raggiungere un accordo informale e non scritto, che alcuni funzionari iraniani chiamano “cessate il fuoco politico”. L’obiettivo sarebbe evitare un’ulteriore escalation nei rapporti da tempo ostili con il regime iraniano, ulteriormente peggiorati nell’ultimo anno a causa delle repressioni interne decise da Teheran e della sua scelta di fornire armi alla Russia per la sua invasione dell’Ucraina. Da qui la spinta verso un ritorno concreto al tavolo delle trattative, a cui però il grande alleato degli Stati Uniti nell’area, Israele, si oppone. “Abbiamo detto ai nostri amici americani che anche le intese limitate sono inaccettabili per noi”, ha commentato il Primo ministro Benjamin Netanyahu durante una visita alle industrie aerospaziali israeliane. Ore prima Netanyahu aveva poi ribadito un altro punto: “lo Stato di Israele farà tutto ciò che è necessario, con i propri mezzi, per difendersi dall’aggressione iraniana sia nella sfera nucleare che, naturalmente, attraverso il suo uso di proxy terroristici”.
Di recente il sito Walla aveva riferito che in base al “mini-accordo” Usa-Iran, quest’ultimo avrebbe limitato l’arricchimento dell’uranio al 60 per cento in cambio di un alleggerimento delle sanzioni. Inoltre le trattative coinvolgerebbero il rilascio di prigionieri da entrambe le parti. Biden dunque ha scelto di riattivare le trattative a lungo incagliatesi, ma anche dal punto di vista interno non sarà facile per lui raggiungere l’obiettivo. Lo sottolinea il generale Amos Yadlin, con un passato ai vertici dell’intelligence d’Israele. “È importante ricordare che l’atteggiamento verso l’Iran è diventato più ostile anche tra gli ambienti democratici da quando ha iniziato a fornire armi alla Russia nella guerra contro l’Ucraina e a reprimere brutalmente le proteste interne. L’amministrazione Biden cercherà di minimizzare questa opposizione inquadrando la mossa come un’intesa informale”, sottolinea Yadlin. Per l’ex generale sarà invece più problematico per l’esecutivo guidato da Netanyahu riuscire a mettersi di traverso. “Le leve dell’influenza di Gerusalemme sul contenuto delle intese non sono mai state così deboli. – scrive Yadlin sul sito N12 – Le attività di Israele in Giudea e Samaria negli ultimi sei mesi – il riconoscimento di nuovi insediamenti, la cancellazione della legge di secessione nella Samaria settentrionale, la ricostituzione di una yeshiva Chumash su terreni statali e, naturalmente, anche la promozione della riforma legale – hanno reso il governo israeliano problematico per gli americani. Non per niente il Primo Ministro Netanyahu sta ancora aspettando un invito alla Casa Bianca”.