Nel Cairo di metà Novecento,
metropoli di incontri e diversità

In un’epoca come la nostra, caratterizzata da divisioni crescenti e globali dopo decenni di illusori unitarismi, è forte l’attrattiva esercitata da un romanzo come quello di Denise Pardo, scrittrice e giornalista de “L’Espresso” che in un volume di intense vicende familiari fa sapientemente rivivere l’atmosfera internazionale, il crogiuolo di culture, lo spirito cosmopolita del Cairo alla metà del secolo scorso, nell’immediata vigilia della rivoluzione nazionalista di Gamal Abd el-Nasser e del gruppo di alti ufficiali dell’esercito egiziano suoi alleati (La casa sul Nilo, Neri Pozza, 2022). L’Associazione culturale ebraica torinese Anavim ha dedicato di recente al libro, ai suoi luoghi, ai suoi personaggi, e più specificamente alla vicenda (di naturale integrazione prima, di fuga precipitosa poi) della numerosa comunità ebraica egiziana una serata on line. A delineare il panorama cairota di quegli anni, oltre all’autrice – nata al Cairo a metà anni Cinquanta ed emigrata a Roma all’inizio dei Sessanta – erano presenti altri amici originari dell’Egitto, come Silvio Zamorani, Rosette Mosseri, Nadia Yedid Levi. Dai racconti di ciascuno sono emersi aspetti differenti della variegata metropoli egiziana, del mondo ebraico in essa racchiuso, delle reazioni all’insorgere progressivo di un nazionalismo escludente. Denise Pardo, che “covava” da tempo in sé questo romanzo pregno di racconti familiari vicende collettive e intime esperienze, ha riproposto l’immagine stupefacente di un mondo cosmopolita giunto all’estremo sviluppo prima del suo crollo repentino, ma anche la dimensione interiore dello strappo inestinguibile che l’abbandono del Cairo ha prodotto in lei. Silvio Zamorani, riattraversando il percorso economicamente difficile della sua famiglia, ha opportunamente inquadrato la realtà egiziana del periodo nel suo contesto storico e l’insieme della comunità ebraica cairota in un ambito sociale assai variegato, che andava dalla borghesia benestante al semi-proletariato producendo talora agi e condivisioni, talora disagi ed emarginazione. Rosette Mosseri, che lasciò l’Egitto già diciannovenne, si è re-immersa nella sua vita familiare di allora, fatta di tradizioni ebraiche (quasi assenti nell’ambiente più laico e internazionale di Denise Pardo) e di solidarietà tra correligionari. Nadia Yedid Levi ha ripercorso gli anni d’infanzia egiziani scanditi da forti legami di amicizia e poi il difficile adattamento sociale, l’isolamento interiore dei suoi primi anni torinesi.
Partendo dalle pagine dense di una cronaca familiare divenuta grande romanzo-affresco, la serata curata da Anavim si è così pian piano trasformata in uno sguardo d’assieme sulla condizione ebraica al Cairo nel cruciale passaggio 1950-1956: dalla bruciante sconfitta egiziana nella guerra contro il neo-nato Israele (1948-1949) alla crisi di Suez con le sue gravi conseguenze internazionali.