Segnalibro – Questione ebraica,
tra storia e microstoria
Si chiedeva Marc Bloch, storico e partigiano, uno dei massimi intellettuali del Novecento: “Per agire ragionevolmente, non occorre prima comprendere?”. È l’interrogativo che troviamo in esergo al nuovo libro di Emanuele Calò, giurista e direttore dell’Osservatorio Enzo Sereni, dal titolo “La questione ebraica nella società postmoderna” e con sottotitolo “Un itinerario tra storia e microstoria”. Pubblicato da Edizioni Scientifiche Italiane, il volume raccoglie la sfida di approfondire un tema evidentemente complesso andando “oltre l’ambito del costume e del singolo episodio”. Un impegno cui Calò si dedica con passione, mettendo a frutto le sue conoscenze non soltanto giuridiche ma anche di attento osservatore dell’ebraismo italiano e della società israeliana. Suddivise in quattro sezioni, le sue riflessioni coprono questioni e mondi interconnessi, con l’idea che vi sia ancora tanto da dire: “La questione ebraica”, “Sionismo e antisionismo”, “L’Olocausto”, “Israele, Palestina e antisemitismo”. Gli argomenti su cui si concentra l’attenzione di Calò sono molteplici. E partono da un attento studio dei documenti, come l’infame bolla pontificia “Cum nimis absurdum” da cui scaturì, nel 1555, l’istituzione di un Ghetto a Roma. O, sempre sulla stessa linea, l’Editto sopra gli ebrei emanato due secoli dopo da Pio VI. Un vero e proprio “codice di negazione della dignità umana” che condizionò pesantemente la vita degli ebrei romani fino alla conquista dei pieni diritti e libertà nel 1870, con la sconfitta del papa re davanti al regio esercito. Snodi storici con i quali è necessario fare i conti, nel percorso che dall’Emancipazione porterà a un altro regime e a un’altra persecuzione (prima dei diritti e poi delle vite). Il grande “tradimento” dell’Italia fascista. Il razzismo antisemita italiano, sottolinea Calò, ebbe tra le altre una caratteristica rilevante. Si volle infatti “che la vittima ringraziasse l’aggressore”, scrive l’autore, ricordando che nel suo discorso del settembre del ’38, pronunciato in piazza Unità d’Italia a Trieste, Mussolini sostenne che “il mondo dovrà forse stupirsi più della nostra generosità che del nostro rigore”.
La sinistra e gli ebrei, la degiudaizzazione del cristianesimo, le diverse declinazioni del sionismo, il conflitto arabo-israeliano, la condizione ebraica nei Paesi arabi o islamici, il rapporto tra lo Stato d’Israele e l’ebraismo diasporico. E ancora, i veleni immessi nella società dal Movimento BDS, la legislazione italiana in materia di antisemitismo, la definizione dell’International Holocaust Remembrance Alliance. Di questo e molto altro tratta ancora Calò nel suo libro, con un ampio corredo bibliografico volto a stimolare nuove ricerche e nuovi approfondimenti. “Questo studio potrebbe avere ad oggetto la ricerca della restituzione: il nostro autore ha voluto esplorare le ragioni che sottendono alla questione ebraica e alle numerose insidie di cui è costituita la sua navigazione” scrive nella sua prefazione Ruth Dureghello, presidente uscente della Comunità di Roma (cui Calò è iscritto). “Parlo di esplorare”, aggiunge, “perché in questo itinerario l’autore pianta le pietre miliari dalle quali risultano le nostre conoscenze, i nostri ragionamenti”.