Vita? O teatro? L’arte di Charlotte Salomon

L’intensità, la capacità di introspezione, il tessuto autobiografico e l’intreccio tra reale e fantastico sono tali che anche a distanza di tempo la vita e l’opera di Charlotte Salomon continuano a essere al centro dell’attenzione.
L’intimità dei testi, la complessità del linguaggio e la scelta pionieristica di accorpare l’immagine e la parola sono rimaste nascoste per lunghi anni, sino a quando allo Stedelijk di Amsterdam Willem Sandberg non organizza una prima mostra retrospettiva.
Seguono alcune uscite internazionali che favoriscono l’approdo, nel 2012, a Documenta – la manifestazione internazionale di arte contemporanea che si tiene con cadenza quinquennale a Kassel, nota per essere una delle rassegne più importanti al mondo – grazie all’allora direttrice artistica della manifestazione Carolyn Christov-Bakargiev, che sancisce la sua entrata definitiva nel mondo dell’arte moderna, come disse allora la direttrice del Jewish Historical Museum di Amsterdam Joel Cahen. In Italia è Castelvecchi a pubblicare la prima traduzione integrale di Vita? O teatro? (in un cofanetto illustrato) a partire dalla trasposizione francese voluta nel 2015 da Le Tripode, uscita a sua volta solo dopo la pubblicazione di Leben oder Theater? Ein Autobiographisches Singspiel in 769 Bildern per i tipi delle edizioni Gary Schwartz, avvenuta dopo l’uscita del film Charlotte.
Narrazione visiva – come nel migliore espressionismo tedesco – e una scrittura guidata dalla musica, da alcune arie in particolare: da Weber, con la sua Wir winden dir den Jungfernkranz, o Am Weihnachtsbaum die Lichter brennen di Kletke oppure anche Das Wandern ist des Müllers Lust di Pernter. È noto che la musica è stata fondamentale per Charlotte Salomon: immersa sin dalla nascita in un’atmosfera musicale ha usato nel suo lavoro temi e autori per raccordare parti in cui i personaggi ricorrono. Dalla Carmen di Bizet, colonna sonora delle scene che raccontano il passato, con sua madre; Bach per le parti con la sua matrigna e Schuberti che unisce Charlotte e Daberlohn.
Ma la musica compare spesso anche per sottolineare un umore, un’atmosfera, e a volte è proposta in ironica opposizione a quanto ha dipinto. Ed è proprio questo suo utilizzo di ambienti sonori a caratterizzare l’opera come “Singspiel”.
In occasione dell’uscita per Castelvecchi Antonello Tolve, studioso delle esperienze artistiche e delle teorie critiche del Novecento, ha scritto che “il lettore è rapito da un vortice di immagini dove le lettere alfabetiche e le parole si rincorrono per tessere insieme ritornelli, timbri ritmici e cromatici, accordi e raccordi sonori. In questo lungo e luminoso poema che succhia gli occhi del lettore a suon di tamburelli, Charlotte Salomon racconta e illustra se stessa: è nella sua stanza, è una bambina indispettita dai modelli rigidi dell’educazione (‘la signorina Stargard diu Vita? O teatro? è un’opera composta da più di settecento opere divise in tre atti – un Preludio, una parte principale e un Epilogo – e a partire dal 1971 è curata dal Museo Ebraico di Amsterdam. ce che Charlotte è la creatura più maleducata del mondo e che lei non ne può più’), è a scuola (‘la sua migliore amica è Hilde’), è studentessa all’accademia di belle arti (‘solo chi osa, può vincere. Solo chi osa, può incominciare’), è innamorata (‘la lettera di lui l’ha resa euforica e davvero orgogliosa che qualcuno la ritenga degna di dedicarle i propri pensieri’), è tra feste e matrimoni e viaggi (‘Roma aeterna città divina. Nel fulgore della redenzione sentiamo ancora la tua forza’), è nel periodo più buio della storia umana (‘morte agli ebrei! Prendete tutto quello che potete!’).
Rimescolare spazio e tempo, trasformare in sogno il quotidiano, e scrivere ‘E vide, come in un sogno a occhi aperti, tutta la bellezza che la circondava, vide il mare, avvertì il sole, e comprese: doveva per qualche tempo svanire dal piano umano e fare ogni sacrificio per ricreare, partendo dalle profondità del suo essere, il proprio mondo’”. E da qui è nata la domanda: Vita o teatro? Vita? O teatro?.
Il ricordo come misura della vita
Sono indistinguibili, l’opera e la vita di Charlotte Solomon: si intrecciano in un tessuto fatto di teatro, musica, pittura e storia. E ovviamente memoria. La Seconda Guerra Mondiale e le vicende degli ebrei tedeschi e non solo si fanno trama, l’Espressionismo ordito. Leben? oder Theater? – ossia Vita? O teatro? – ne è l’espressione più alta.
Walter Benjamin, grande estimatore della sua arte, scrisse che “la vera misura della vita è il ricordo”.
Nata a Berlino nel 1917 in una famiglia benestante, non consapevole del suo ebraismo, ebbe l’opportunità di frequentare quell’ambiente intellettuale che si andava strutturando intorno ai maggiori artisti della Berlino degli anni Venti. La sua infanzia potè così trascorrere immersa nella cultura e nelle arti, avvolta dalla musica romantica: amava Schubert in particolare. Riuscì, nonostante fosse donna, ed ebrea, a ottenere l’ammissione all’Accademia di Belle Arti grazie al suo talento. Nel 1926 il suicidio di sua madre segna una cesura forte con il periodo precedente.
Nel 1939, poi, è costretta a fuggire, e ripara nel sud della Francia con i nonni, e arriva un secondo suicidio, quello di sua nonna, a farle scoprire qualcosa in più sulle due morti. A ventiquattro anni decide che è necessario in qualche modo fare i conti con il proprio passato e che ha solo due possibilità: o suicidarsi a sua volta oppure fare “qualcosa di veramente e stravagantemente pazzo“. Sarà la sua arte a tenerla agganciata alla vita, e proprio in quegli anni ad Alexander Nagler, ebreo austriaco anch’egli in fuga. Nel giugno 1943 decidono di sposarsi, nel municipio di Nizza, ma sarà proprio il matrimonio a decidere del suo destino: per sposarsi serve registrarsi ufficialmente come residenti a Villefranche-sur-Mer e questa informazione raggiunge i nazisti. Nel settembre 1943, incinta di quattro mesi, Charlotte Salomon viene arrestata insieme al marito dalla Gestapo e deportata ad Auschwitz il 10 ottobre.
A noi resta Leben? oder Theater?, uno “Singspiel” completato in circa due anni, a partire dal 1939. Composto da più di settecento opere divise in tre atti – un Preludio, una parte principale e un Epilogo – a partire dal 1971 è curato dal Museo Ebraico di Amsterdam. Il ricco intreccio di disegni, testi e annotazioni sceniche a guazzo è un’eccezionale opera artistica del XX secolo, piena di riferimenti all’arte (e alla musica, ai film e alla filosofia) del suo tempo. Allo stesso tempo però permette di avere una visione unica della sua vita, certamente movimentata e molto autodeterminata. Testo e illustrazioni si intrecciano come le scenografie di una produzione teatrale, o di una sceneggiatura, e allo stesso tempo anticipano la natura ibrida dei graphic novel. I personaggi, tutti radicati nell’ambiente della Salomon, sono sviluppati e trasformati in personaggi di fantasia, a comporre una storia più grande della vita stessa. Il significato primario è legato agli eventi della sua vita, ma è costante un terribile rumore di fondo, percepibile in ogni immagine. La minaccia nazionalsocialista avanza, a ogni parola.
(Fino al 10 settembre “Charlotte Salomon – Leben? oder Theater?” / Lenbachhaus, Monaco di Baviera)