“Per un accordo di pace serve realismo, ma anche creatività ed inventiva”
Dai rapporti d’Israele e in particolare della sua famiglia con la Chiesa cattolica, alle prospettive di pace con i palestinesi. È un’intervista ampia e molto legata all’attualità quella rilasciata dal Presidente d’Israele Isaac Herzog all’Osservatore Romano. L’occasione per il colloquio, spiega il quotidiano della Santa Sede, sono i trent’anni dagli Accordi di Oslo. Oggi le prospettive di una intesa con i palestinesi sono lontane ed Herzog ne analizza i motivi. “Il primo ostacolo, lo voglio dire con molta franchezza e dolore, è dato dal susseguirsi di azioni di terrorismo contro il nostro popolo, contro civili inermi. E soprattutto ci preoccupano gli atti di terrorismo individuale”, le parole del presidente, che individua altri due problemi principali rispetto alla possibilità di sedersi a un tavolo negoziale. Da una parte le divisioni interne alla leadership palestinese – “Non possiamo scordare che l’obiettivo finale dichiarato di Hamas e di Jihad Islamica, supportata da Teheran, è la distruzione dello Stato di Israele. Come si può dialogare con chi ti vuole distruggere?” – dall’altra il futuro di questa leadership. Per il Presidente è infatti evidente come non ci sia stata nel versante opposto una “transizione ad un nuovo gruppo dirigente, non svolgendosi elezioni ormai da molti anni”. Per lui, “per uscire da questo stallo, l’unica vera prospettiva di pace possibile” deve “crescere dal basso; […] che ognuno comprenda i dolori, le sofferenze, dell’altro. Occorre che il processo di pace investa i due popoli, non solo i politici. I due popoli non debbono odiarsi”. In ogni caso, Herzog tiene ad evidenziare come “un buon accordo di pace si nutre non solo di realismo ma anche di creatività ed inventiva. Di questo mi piacerebbe parlare con papa Francesco. Spero presto”.
Il colloquio con l’Osservatore Romano si apre ricordando il legame tra il nonno del Presidente, rav Yitzhak HaLevi Herzog, primo rabbino capo ashkenazita d’Israele, e diverse figure del mondo ecclesiastico. “Mio nonno ha avuto una relazione veramente unica con la Santa Sede. E in anni ben precedenti alla Nostra aetate”, il racconto di Herzog. Una relazione avviata quando il rav, nel 1919, ricoprì il ruolo di rabbino capo d’Irlanda e poi consolidatasi dopo l’aliyah nell’allora Palestina mandataria. Qui, ricorda il Presidente, negli anni Quaranta “cominciarono a trapelare notizie sulle gravi persecuzioni contro gli ebrei in Germania, le trasmise subito alle istituzioni cattoliche sue corrispondenti, per avviare iniziative comuni di salvataggio e protezione. E fu proprio negli anni dell’immane tragedia del popolo ebraico che iniziò le prime relazioni con papa Pio XII”. La collaborazione concreta vi fu con l’arcivescovo Angelo Giuseppe Roncalli – futuro papa Giovanni XXIII – quando questi era nunzio in Turchia. “Nel 1944 incontrò a Istanbul l’arcivescovo Roncalli per prendere in comune carico la sorte degli ebrei ungheresi. Riuscirono a salvarne qualche migliaio, anche se fu poca cosa rispetto ai quattrocentomila ebrei ungheresi uccisi dai nazisti. È nota a tutti la storia di Roncalli che riuscì a bloccare un treno di deportati ebrei”.
“Oltre la mia famiglia, – ha proseguito Herzog, ricordando come lo zio Jacob fosse stato tra i fautori dell’accordo tra Israele e Santa Sede – per quanto mi riguarda personalmente, la mia militanza politica si è sempre svolta all’insegna del dialogo interreligioso, e in particolare dell’incontro con le comunità cristiane”. In qualità di Presidente d’Israele “dedico una speciale attenzione e cura alla libertà d’espressione e al benessere delle comunità cristiane qui presenti, ed ho rapporti costanti ed intensi con i patriarchi di tutte le confessioni cristiane presenti a Gerusalemme. E la loro crescita mi sta molto a cuore”. Di fronte ai fenomeni recenti di aggressioni a fedeli cristiani, Herzog evidenzia come si tratti di una minoranza estremista che cerca con questi atti visibilità. “Si tratta di fenomeni marginali ad opera di fanatici estremisti che condanniamo fermamente. Siamo in contatto con le vostre istituzioni ecclesiali per prevenire e reprimere queste iniziative criminali. Evitiamo di dare clamore a queste azioni, perché è esattamente ciò che vogliono questi fanatici”.