Rapito, un confronto a più voci
Continua a far parlare di sé e ad ottenere riconoscimenti “Rapito”, l’ultimo film del regista Marco Bellocchio dedicato alla storia di Edgardo Mortara. La pellicola documenta la violenza compiuta dalla Chiesa di Pio IX che rapì il piccolo Mortara perché, così si disse, era stato battezzato in segreto dalla domestica cattolica. Un lavoro apprezzato dalla critica e dal pubblico che in queste ore ha ottenuto un altro premio: il Globo d’oro, conferito dall’Associazione della stampa estera in Italia. Rapito è stato considerato dalla giuria come il miglior film per l’edizione 2023. E della pellicola, assieme a Bellocchio, si è parlato ieri nel corso di un’iniziativa promossa dall’Associazione Amicizia ebraico-cristiana di Roma. A intervenire, al fianco del regista, il presidente dell’Amicizia ebraico-cristiana nazionale Marco Cassuto Morselli; Pina Totaro, che ha fatto da consulente storica per il film; la discendente di Edgardo, la studiosa Elèna Mortara, autrice di “Writing for Justice: Victor Séjour, the Kidnapping of Edgardo Mortara, and the Age of Transatlantic Emancipations”; e il frate Simone Castaldi. A moderare l’incontro, Roberta Ascarelli, presidente dell’Associazione ebraico-cristiana di Roma. “Il passato e il presente del dialogo ebraico-cristiano. Una riflessione a partire da Rapito di Marco Bellocchio”, il titolo del partecipato appuntamento, in cui il regista ha dialogato con i relatori e con il pubblico, soffermandosi su alcune delle scelte operate per il film. “Rapito – ha evidenziato tra gli altro Cassuto Morselli – non è solo un bel film, ha il merito di riaccendere l’interesse su un fatto tutt’altro che isolato nella storia delle relazioni tra la Chiesa cattolica e gli ebrei e che non riguarda solo le conversioni forzate, in particolare dei bambini ebrei sottratti alla famiglia, battezzati e rinchiusi per impedire loro di ritornare alla religione dei padri, ma in generale l’idea stessa della conversione degli ebrei”.