Marco Bellocchio al Meis
“Il mio film su Mortara un atto d’amore”
Sono settimane che Marco Bellocchio percorre l’Italia in lungo e largo per parlare del suo nuovo film “Rapito”. Ieri sera il pluripremiato regista, fresco vincitore del Globo d’Oro della Stampa Estera, è stato al Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara per un incontro dal particolare significato, nell’ambito del nuovo ciclo di proiezioni estive dell’ArenaMeis. L’appuntamento, sold out, è stato preceduto da un dialogo con il direttore del Museo Amedeo Spagnoletto, tra i consulenti scientifici del film. Al loro fianco il produttore Simone Gattoni.
“Ho fatto questo film per amore, perché questa storia mi ha appassionato. Non avevo l’intenzione di ‘fare giustizia’, il resto è venuto in un momento successivo” le parole del regista, nel raccontare cosa l’ha spinto ad occuparsi della vicenda del piccolo Edgardo Mortara e del suo rapimento, in uno Stato Pontificio sempre più crepuscolare e isolato sulla scena internazionale. “Un bambino violentato nella sua identità nel nome del fanatismo religioso”, la lettura di Bellocchio, che ha anche espresso l’auspicio che altri registi (a partire da Steven Spielberg, già interessatosi in passato) possano occuparsi in futuro del caso Mortara, portando una loro lettura e prospettiva. Forse, ha detto ancora, “Rapito colpisce in modo particolare perché è stato fatto da non ebrei”. Apprezzamento per l’esito di questa pellicola è stato manifestato da Spagnoletto, che ha parlato di “risultato grandioso, superiore a qualsiasi aspettativa”. Un film, nella sua valutazione, “che rispecchia il più possibile la tradizione, il milieu ebraico di quel periodo storico”.