Milan Kundera a Gerusalemme:
“Questo il vero cuore dell’Europa”

Numerosi riconoscimenti hanno premiato il percorso intellettuale e di testimonianza di Milan Kundera, il grande scrittore di origine ceca appena scomparso. Risale a quasi quarant’anni fa il Jerusalem Prize for the Freedom of the Individual in Society, vinto nel 1985, che fu per Kundera l’occasione di un discorso molto alto in cui definì il genere del romanzo “il paradiso immaginario degli individui” e un territorio “in cui nessuno possiede la verità”, ma tutti “hanno il diritto di essere compresi”.
Kundera, nel ricevere il riconoscimento, volle citare un proverbio ebraico: “L’uomo pensa, Dio ride”. Nessuna pace è possibile tra il romanziere e chi non sa ridere, sosteneva lo scrittore. “Non avendo mai sentito il riso di Dio, coloro che sono privi di senso dell’umorismo sono convinti che la verità sia ovvia, che tutti gli uomini pensino necessariamente la stessa cosa. Ma è proprio perdendo la certezza della verità e il consenso unanime degli altri che l’uomo diventa un individuo”.
Aprendo il suo intervento, l’autore de L’insostenibile leggerezza dell’essere e di altre pietre miliari della letteratura aveva spiegato di non trovare un caso il fatto che il più importante riconoscimento israeliano avesse scelto di darsi una prospettiva internazionale. Esiliati dalla loro terra d’origine e quindi innalzati al di sopra delle passioni nazionaliste, infatti, “i grandi personaggi ebrei hanno sempre mostrato un’eccezionale sensibilità per un’Europa sovranazionale, un’Europa concepita non come territorio ma come cultura”. Secondo Kundera, “se gli ebrei, anche dopo che l’Europa li ha tragicamente delusi, hanno comunque mantenuto fede a quel cosmopolitismo, Israele, la loro piccola patria finalmente riconquistata, mi colpisce come il vero cuore dell’Europa, un cuore particolare situato al di fuori del corpo”. Lo scrittore si era perciò detto “profondamente emozionato” nel ricevere un premio “che porta il nome di Gerusalemme e il segno di quel grande spirito ebraico cosmopolita”. È come romanziere “che lo accetto”, aveva poi aggiunto. “Dico romanziere, non scrittore. Il romanziere è colui che, secondo Flaubert, cerca di scomparire dietro la sua opera. Sparire dietro il suo lavoro, cioè rinunciare al ruolo di personaggio pubblico”. Memorabile, tra tante, una intervista del 1980 con Philip Roth. “È il grande problema intimo dell’uomo: la morte come perdita del sé. Ma cos’è il sé? È la somma di tutto ciò che ricordiamo. Perciò quello che ci terrorizza della morte non è la perdita del futuro ma la perdita del passato” sottolineava Kundera, presentando Il libro del riso e dell’oblio.
In questo senso, proseguiva, “l’oblio è una forma di morte sempre presente all’interno della vita: questo è il problema della mia eroina, nel suo disperato tentativo di preservare i ricordi che vanno scomparendo del suo amato marito morto. Ma l’oblio è anche un grande problema politico”. Quando vuole privare un piccolo paese della sua coscienza nazionale, proseguiva Kundera, “una grande potenza ricorre al metodo dell’oblio organizzato”. A farne le spese, in quegli anni, anche il suo amatissimo Kafka. Otre a duecento scrittori cechi proscritti e oltre cento storici allontanati dal loro incarico: “La storia è stata riscritta, i monumenti demoliti. Una nazione che perde la consapevolezza del proprio passato a poco a poco perde se stessa”.