“Israele-Usa, rapporto indissolubile”
È stata una settimana importante nei rapporti tra Israele e Stati Uniti. A Washington è infatti arrivato il Presidente Isaac Herzog, accolto alla Casa Bianca e poi, con tutti gli onori, dal Congresso a camere riunite per celebrare i 75 anni d’Israele. Alla vigilia del suo viaggio è anche arrivato l’atteso invito, nel corso di una conversazione telefonica, di Biden al Premier Netanyahu per un incontro negli Usa. “È stata la prima telefonata da marzo tra i due”, riporta il Corriere della Sera (18/07/2023) che sottolinea il recente allontanamento tra i due leader e come non sia chiaro dove avverrà il vertice.
In particolare il quotidiano parla delle “perplessità americane, che stanno diventando vere e proprie critiche, sul piano giustizia voluto dalla coalizione al potere”. A mettere in evidenza queste distanze anche il Giornale (18/07/2023) che sulla riforma in corso di approvazione aggiunge un elemento: “il giudice della Corte Suprema israeliana Noam Sohlberg – si legge nella ricostruzione del quotidiano conservatore – presentato dal governo come il ‘padre spirituale’ della proposta di legge promossa dal governo sulla clausola di ragionevolezza, uno degli elementi fondamentali della riforma giudiziaria che mira a cancellare la possibilità per la magistratura di pronunciarsi sulla ‘ragionevolezza’ delle decisioni del governo, ha preso le distanze dall’iniziativa, sconfessandola”. Nel mentre sono proseguite le grandi manifestazioni di massa proprio per contestare l’iter per la cancellazione della clausola di ragionevolezza.
Contestazioni che vanno avanti da mesi e che secondo il New York Times avrebbero portato Biden a chiedere esplicitamente sia ad Herzog che a Netanyahu di fermare la riforma (Domani 20/07/2023). Al presidente israeliano Biden ha comunque garantito che il rapporto tra le due nazioni “è indissolubile”. Secondo il Foglio (19/07/2023) il presidente Usa “sa quanto Gerusalemme sia importante come alleata, vuole delle certezze, le cerca da mesi, vuole che Netanyahu dimostri di essere ragionevole, di non correre dietro agli estremisti del suo governo e vuole rassicurazioni sincere sullo stato non tanto della democrazia israeliana, quanto della coesione della società”.
Del dibattito interno ha parlato Herzog al Congresso, descrivendolo come “acceso e doloroso”, ma anche come un segno della forza della democrazia del paese.
La settimana per Netanyahu, oltre nuove proteste e alle delicate relazioni con gli Usa, ha avuto un ulteriore inciampo. È stato ricoverato per un malore ed è stato dimesso dopo aver passato la notte in osservazione. La diagnosi, scrive il Giornale (Giornale 16/07/2023), è disidratazione. Il quotidiano ricorda come il Premier sia stato portato al pronto soccorso già nell’ottobre 2022 dopo essere svenuto durante le preghiere dello Yom Kippur in una sinagoga di Gerusalemme. Ma ci si interroga anche su chi dovrebbe prendere il suo posto nel caso fosse incapacitato: “non è chiaro chi dovrebbe sostituirlo. Il ministro della Giustizia Yariv Levin è vicepremier ma ciò non significa che potrebbe automaticamente prendere il posto e le funzioni di Netanyahu”.
Anche sul fronte diplomatico Israele è stata protagonista. Il governo Netanyahu ha infatti inviato una lettera al re del Marocco in cui riconosceva la sovranità di Rabat sul territorio del Sara Occidentale, conteso con il Fronte Polisario. Quest’ultimo, ricostruiscono diversi quotidiani tra cui Repubblica (18/07/2023), ne ha dichiarato l’indipendenza nel 1976, proclamando la Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi. Il termine Polisario sta per Frente Popular de Liberación de Saguia el Hamra y Río de Oro: sono i nomi delle due province coloniali spagnole che si estendevano nell’attuale Sahara Occidentale.
Nella lettera, Netanyahu spiega che Israele sta esaminando “l’apertura di un consolato nella città di Dakhla”, situata nella parte marocchina del Sahara occidentale, una decisione a lungo richiesta da Rabat. “La decisione rappresenta una vittoria della diplomazia marocchina, – scrive Repubblica – che ha potuto contare sull’appoggio di diversi Stati europei, africani e arabi, il cui sostegno si è concretizzato con l’apertura di ventotto consolati a Dakhla”. Il riconoscimento da parte di Gerusalemme, evidenzia il quotidiano, rientra negli Accordi di Abramo siglati da Israele per la normalizzazione dei rapporti con alcuni paesi, tra cui appunto il Marocco. Quest’ultimo ha comunque sostenuto che la ripresa dei rapporti con Israele “non significa che Rabat rinunci a sostenere la causa palestinese e abbia abbandonato la speranza di vedere i due Stati convivere pacificamente”.
Guardando al Nord Africa, la notizia che ha aperto molte prime pagine in questi giorni è stata la condanna in Egitto di Patrick Zaki a tre anni di carcere e poi la grazia concessa dal presidente Abdel Fattah al Sisi. Il tribunale del Cairo aveva condannato il giovane, studente a Bologna, a tre anni di carcere con sentenza definitiva e senza appello. I suoi avvocati avevano detto di non aver ricevuto spiegazioni sulle accuse a suo carico. Zaki aveva già scontato un anno e 10 mesi e il suo arresto nel 2020 appena sbarcato al Cairo era legato a vaghe accuse per un articolo d’opinione critico nei confronti del governo egiziano. L’annuncio della grazia è stato dato dalla Presidente del Consiglio Meloni. “Ho avuto paura che fosse finita”, ha raccontato Zaki al Corriere della Sera (21/07/2023), spiegando che rientrerà a Bologna sabato.
Sul settimanale Oggi (16/07/2023) la senatrice a vita e Testimone della Shoah Liliana Segre risponde a un lettore che scrive di avere la percezione che la comunità Lgbt in Italia oggi sia un “target sal quale rovesciare addosso discriminazione”. Parole che a Segre hanno fatto tornare in mente l’esempio del re di Danimarca che “durante l’occupazione nazista uscì per strada con la stella gialla cucita sulla giacca. Quell’esempio fu contagioso e gli ebrei danesi furono quasi tutti salvati grazie alla solidarietà dei loro concittadini. Oggi però l’odio che dilaga nella nostra società è molto più variegato. E non basterebbe appuntarsi sulle giacche il simbolo di una sola persecuzione. Ciascuno di noi, per essere come quel re di Danimarca, deve portarli tutti nel proprio cuore: stelle gialle, triangoli di vari colori, donne vittime di stalking e violenza, immigrati, persone senza diritti… Solo se faremo così, – scrive Segre – se sapremo reagire collettivamente all’indifferenza, gli odiatori scopriranno la potenza della terza parola della Rivoluzione francese: fraternité”.
Diversi libri legati al mondo ebraico hanno avuto spazio sui giornali della settimana. Il Corriere (20/07/2023) dedica un’ampia presentazione all’ultimo libro di Abraham B. Yehoshua, uscito postumo e pubblicato in Italia da Einaudi. Il terzo tempio. Novella in forma di dialogo il titolo dell’opera, che parte dalla denuncia di una donna a un tribunale rabbinico per aprirsi a riflessioni sul presente e futuro dell’ebraismo e d’Israele. Muove invece le mosse da un attentato kamikaze il romanzo di Cinzia Leone Vieni tu giorno nella notte (Mondadori) recensito sia da Repubblica (20/07/2023) che da La Stampa (16/07/2023). Il libro “racconta ciò che resta di un amore fra un giovanissimo italiano che ha scelto Israele, prestando servizio militare, e un ragazzo palestinese fuggito da Jenin e dal clima di violenza, ricatto, intimidazione contro gli omosessuali come lui” che si respira tra i palestinesi, spiega il quotidiano torinese. Repubblica a riguardo ricorda che “Israele è l’unico paese gay-friendly del Medio Oriente, una nazione dai diritti paritari dove il presidente stesso della Knesset (Amir Ohana, del Likud) è un omosessuale dichiarato con tanto di marito e figli, un dato che ne fa il luogo di fuga senza ritorno di molti gay palestinesi perseguitati invece a casa loro, in Cisgiordania, a Gaza, e passibili di pena di morte in tante terre islamiche, Arabia Saudita, Iran, Emirati, Afghanistan, Somalia, Mauritania, Yemen”.