SPORT – Ancora pregiudizi
ma Israele risponde

Nell’estate del 2013 Mohammed Salah non era ancora il “Messi d’Egitto” ma un suo gesto fece discutere l’opinione pubblica. Militava allora nel Basilea e in quei giorni il club svizzero giocava per l’accesso alla fase a gironi della Champions League, opposto agli israeliani del Maccabi Tel Aviv. Nel match di andata in territorio elvetico il campione egiziano si rifiutò di stringere la mano agli avversari. Mentre alla vigilia della partita di ritorno, disputata in Israele, dichiarò la sua intenzione di vincere “affinché la bandiera sionista non possa sventolare in Champions”. Non c’è quindi da sorprendersi per la sua ultima presa di posizione, in un video pubblicato via social in cui l’ex calciatore di Roma e Fiorentina chiede l’invio di aiuti a Gaza e la fine di ogni “massacro” con un generico riferimento a una “escalation delle ultime settimane insopportabile da vedere” e senza alcuna condanna dei crimini compiuti da Hamas. L’asso del Liverpool non è stato il solo nel mondo del calcio a dimenticarsene. A partire dal Pallone d’Oro in carica Karim Benzema, che il ministro dell’Interno francese Gerald Darmanin ha accusato non a caso di vicinanza ai Fratelli Musulmani. Tra i più estremi, un giocatore algerino del Nizza, Youcef Atal, al centro delle polemiche per aver condiviso un video di un predicatore palestinese che inneggiava all’odio. Atal si ritrova ora indagato dalla procura della città francese per “apologia di terrorismo”. Il club lo ha intanto sospeso fino a nuovo ordine. Virali anche le dichiarazioni di Nabil Fekir del Betis (Siviglia), venticinque presenze con la Francia, che ha parlato di Gaza come di un’entità “soggetta all’apartheid per troppo a lungo”.
Nell’agone social sono scesi anche alcuni calciatori israeliani. Il più talentuoso di loro, l’ala del Tottenham Manor Solomon, ha pubblicato una maglia della nazionale insanguinata con lo sfondo di uno stadio vuoto: il Bloomfield di Tel Aviv. Tra le conseguenze della carneficina di Hamas c’è stato infatti lo stop ad alcuni incontri internazionali, tra cui la sfida tra Israele e Svizzera valevole per la qualificazione agli Europei del 2024. “In questo momento”, ha scritto Solomon, “avremmo dovuto essere qui, insieme a 30mila tifosi sugli spalti, per cantare con tutte le forze il nostro inno nazionale: Hatikwa, la speranza”. Non è stato possibile per la “crudele e inconcepibile realtà” manifestatasi il 7 ottobre. Solomon si è detto comunque convinto che Israele vincerà la battaglia contro i terroristi, anche perché “abbiamo un’arma segreta: non abbiamo un altro paese”. Ad esprimersi tra tanti anche una vecchia conoscenza del calcio italiano, l’ex Palermo Eran Zahavi. “Gli ostaggi non possono parlare, il calcio invece sì”, ha ricordato in un post, sottolineando che tenere alta l’attenzione sulla loro sorte non è “un’azione politica, ma umanitaria”. Così Daniel Peretz, portiere israeliano del Bayern Monaco: “Di fronte al male assoluto Israele è un faro di luce di potenza, resilienza e speranza”. Sono tempi duri, fa capire Peretz, “ma alla fine Israele prevarrà”.