Scontro diretto Israele-Iran?

Si riaccende l’ipotesi di uno scontro militare diretto tra Israele e Iran. Se le circostanze lo renderanno necessario “taglieremo la testa del serpente a Teheran”, ha dichiarato il ministro dell’Economia israeliano Nir Barkat al Daily Mail, rispondendo alle minacce proferite tra gli altri dal ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian, che ha parlato di situazione vicina a finire “fuori controllo”, se Israele “non fermerà i massacri a Gaza”. Il tema è sulle prime pagine di vari quotidiani: “Israele avverte l’Iran” (Corriere della Sera), “La minaccia dell’Iran” (Repubblica), “La minaccia di Teheran” (La Stampa).
Il timore è che nuovi attacchi possano arrivare da nord, dal Libano degli Hezbollah. Da due settimane, racconta il Corriere, i miliziani armati dagli ayatollah“pungolano le postazioni israeliane, testano la volontà di reagire con la forza massiccia; i paramilitari libanesi uccisi in questi scontri sarebbero oltre 30, i soldati di Tsahal 6”.
Parlando con La Stampa, l’ex ambasciatore Usa in Yemen, Gerald Feierstein, osserva: “I droni contro le basi Usa in Iraq; i carichi di armi degli houthi yemeniti bloccati; il quotidiano botta e risposta con Hezbollah nel nord di Israele. Segnali evidenti di una escalation magari lenta ma progressiva”. Secondo Feierstein, per frenare l’estensione del conflitto, “decisiva” sarà la deterrenza americana. L’esercito israeliano è intanto “oltre la fase dell’accumulo di uomini e mezzi attorno a Gaza e ieri una squadra di soldati entrata all’altezza di Kissufim, quindi a metà della Striscia, è stata scoperta e respinta da Hamas”, riporta Repubblica .

Dopo l’orrore: le riflessioni di Benny Morris e Amos Gitai
“Un pupazzo di pezza annerito dal fumo sta sulla pila di giocattoli vicino ai lettini dei bambini. Su una scansia le macchinine di plastica sono ancora riconoscibili, semifuse dal calore dell’incendio. Nell’altra stanza, quella dei genitori che sembra meno danneggiata, i letti sono disfatti e un susseguirsi disordinato di vestiti gettati sul pavimento, scarpe scompagnate, lenzuola e stracci guida i passi verso il mamad, il rifugio, la stanza protetta obbligatoria in ogni casa israeliana, che è stata forzata dall’esterno”. Così il Corriere della Sera in una testimonianza dal kibbutz Be’eri, uno dei luoghi simbolo dell’orrore targato Hamas. Cosa accadrà dopo il conflitto con i terroristi? Alcuni intellettuali israeliani ne discutono sui giornali italiani. “Stiamo vivendo un momento molto buio. Nessuno sa come andrà a finire, ma ritengo che occorra tenere alta la speranza. In caso contrario, ad avere il sopravvento sarebbero il nihilismo, la distruzione, la morte. Occorre continuare a sforzarsi di tracciare un cammino di speranza”, esorta il regista Amos Gitai in un editoriale su Repubblica. Il suo punto di riferimento è Yitzhak Rabin, che “ebbe il coraggio, direi addirittura l’audacia, di costruire qualcosa di diverso”. “Credo che sia la fine politica per Benjamin Netanyahu e per il suo governo. Dopo lo smacco del 7 ottobre e il terribile massacro di civili israeliani perpetrato da Hamas con tanta facilità, non credo proprio che potranno restare al loro posto. Bibi ha perso credibilità anche tra i suoi elettori più fedeli”, dice lo storico Benny Morris al Corriere della Sera. Gaza, prosegue Morris, “sarà uno scontro complicato e lui sarà alla sbarra, non potrà uscirne”. Anche perché “tutti i massimi responsabili militari e dell’intelligence hanno già detto che se ne andranno”.

Peri (ex Shin Beth): Neutralizzare Hamas
L’ex capo dello Shin Bet Yaakov Peri, intervistato dal Messaggero, afferma: “I militanti di Hamas vanno uccisi o neutralizzati tutti, anche fuori Gaza. Bisogna sradicare Hamas e chiedere all’Autorità palestinese, se possibile, di farsi carico del governo della Striscia”. Secondo Peri, a capo del servizio segreto interno dal 1988 al 1995, “gli oltre 200 ostaggi ci pongono di fronte a un dilemma morale enorme, ma sbaglia Hamas se crede di poter rinviare l’operazione di terra rilasciandone qualcuno ogni due giorni”.“Riportarli a casa”, titola Il Foglio in prima, con una grafica a tutta pagina che si sofferma sugli oltre duecento israeliani prigionieri di Hamas. Per il direttore Claudio Cerasa, “avere memoria oggi significa anche ricordare cosa successe ai tempi del nazismo quando si scelse per troppo tempo di chiudere gli occhi dinanzi alla presenza di un’ideologia omicida che uccideva gli ebrei, entrando nelle loro case, rastrellando i ghetti, uccidendo i bambini solo perché colpevoli di essere ebrei”.

Lia Levi: Troppi “però” e troppi “ma”
“Che cosa le fa più paura?”, chiede La Stampa a Lia Levi. Risponde la scrittrice, sfuggita bambina alla Shoah: “L’antisemitismo che vedo crescere in Europa. I giovani che inneggiano al dolore di Israele, l’impossibile che diventa reale”. Levi si definisce “sola e angosciata: quello che ci scorre davanti agli occhi è talmente orrendo e clamoroso che pensavo ci sarebbe stato uno sconvolgimento condiviso da tutti, ebrei e non”. Invece, “sono cominciati quasi subito i però e i ma”.

In Parlamento il coro antisemita di Milano
Arriverà in Parlamento il caso del coro intonato a Milano e denunciato dalla Comunità ebraica. Un coro in arabo “che, come sostiene il presidente della comunità Walker Meghnagi, corrisponderebbe alla traduzione: ‘Apriteci i confini, così possiamo uccidere i sionisti, gli ebrei’” (Corriere della Sera). Parlando con Repubblica, Meghnagi aveva chiesto “alla questura, a chi di dovere, di identificare queste persone: tutto il mondo civile non può accettare una cosa del genere”.

Firenze, Comunità non partecipa a marcia silenzio
Si terrà in serata a Firenze una marcia silenziosa promossa da padre Bernardo Gianni, abate di San Miniato al Monte. La Comunità ebraica non ha dato un’adesione ufficiale – “viviamo immersi nel dolore. Il rispetto del quale ci impedisce di invitare i nostri scritti a prendere parte al corteo”, riferisce il Corriere Fiorentino – ma sarà comunque presente il rabbino capo Gadi Piperno “per rappresentare l’animo della nostra Comunità, diviso e immerso nell’angoscia, ma pronto ad accogliere la solidarietà della città”.

Zaki in tv, Libero critica Fazio
Dopo le polemiche degli scorsi giorni, l’attivista egiziano Patrick Zaki è stato ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa. “Fazio e Zaki, è tele-Gaza”, accusa Libero.

Memoria, Gualtieri con gli studenti ad Auschwitz
È in corso il Viaggio della Memoria degli studenti romani, insieme ai Testimoni della Shoah Sami Modiano e Tatiana Bucci. Oggi “il clou con il sindaco Roberto Gualtieri, che guiderà gli studenti in una visita ad Auschwitz-Birkenau” (Il Messaggero).