Quattro ostaggi liberi,
oltre 200 con i carcerieri

Yocheved Lifshitz, 85 anni, e Nurit Cooper, 80 anni, sono state liberate da Hamas ieri sera. Erano state rapite a Nir Oz, dove è stato ucciso un quarto degli abitanti. I loro mariti sarebbero ancora prigionieri nella Striscia di Gaza, parte dei 220 ostaggi ancora nelle mani dei terroristi palestinesi. “Un numero altissimo – evidenzia Repubblica – che ha spinto, secondo quanto rivelato da fonti dell’Amministrazione Biden alla stampa americana, il presidente Usa a chiedere al premier israeliano Benjamin Netanyahu di ritardare l’offensiva di terra per dare tempo ai mediatori di riportarne a casa quanti più possibile. Gli sforzi vanno avanti: ma l’operazione è complessa”.
Il Corriere della Sera cita l’esperto di intelligence Yossi Melman, secondo cui “la tattica di Hamas è quella di lasciar andare pochi civili alla volta per rinviare l’offensiva di terra israeliana”. Il Giornale parla della “voce circolata ieri era della probabile liberazione di 50 ostaggi, quelli con doppio passaporto ma per il momento sono in totale quattro, tutte donne, due americane, i rapiti tornati in libertà”. Per gli altri, le famiglie cercano di continuare a tenere alta l’attenzione pubblica, sottolinea Repubblica. “Ieri una delegazione è andata a Londra e un’altra a New York. Oggi a Roma ce ne sarà un’altra”. Nelle trattative per la liberazione, racconta il Corriere, molte di queste famiglie non fanno affidamento sull’incaricato dal governo Netanyahu, ma sull’ex capo del Mossad Yossi Cohen, tra i fautori degli accordi Abramo.
Tra gli ostaggi, Ohad Munder Zachri che ha compiuto 9 anni mentre si trova nelle mani di Hamas. “Sii forte e sappi che ti vogliamo bene”, il messaggio del fratellino Roi, intervistato dalla tv israeliana. Ohad è stato rapito assieme alla madre Keren e ai nonni, Ruthie e Avraham, dal kibbutz di Nir Oz (Giornale).

La mediazione francese
Oggi il presidente francese Emmanuel Macron si recherà in visita in Israele, dove incontrerà il primo ministro israeliano Netanyahu. “Macron – scrive il Foglio – spera di ottenere dei progressi importanti sulla delicata questione degli ostaggi, sfruttando le buone relazioni della Francia con il Qatar, paese mediatore con Hamas e che ha già favorito sulla liberazione di due americane, sulla consegna degli aiuti umanitari e sul non allargamento del conflitto”.

I video della mattanza
L’esercito israeliano ha mostrato ai media internazionali alcuni video dei massacri compiuti da Hamas del 7 ottobre, così come sono stati ripresi dalle bodycam dei terroristi e dalle telecamere di sorveglianza delle località assaltate. “Corpi bruciati, esecuzioni sommarie, sevizie atroci”, sono alcune delle terribile scene contenute nei 43 minuti complessivi di girato. “Una mattanza metodica”, la descrizione del Corriere della Sera. I terroristi di Hamas “hanno eseguito gli ordini descritti nei manuali che abbiamo trovato. Hanno ripreso tutto per usarlo in una strategia del terrore psicologico”, spiega il generale Mickey Edelstein. “Uno dei frammenti più difficili da guardare – riporta Repubblica – è quello di due bambini e del loro padre che, svegliati all’improvviso, corrono verso il rifugio della loro casa, ancora in mutande. Nella telecamera di sicurezza appare una mano e lancia una granata: l’uomo è colpito in pieno e muore. I fratelli corrono fuori, coperti di sangue e si rifugiano nella cucina, dove colui che ha appena ucciso il loro papà si serve da bere, mentre loro gridano e invocano i genitori: l’Idf ha preferito non rispondere a una domanda sulla sorte dei due bambini”.
Tra le vittime delle stragi ci sono anche Liliach Le Havron e Nir Forti, i due italo-israeliani dati per dispersi nei giorni scorsi. La donna è stata trovata tra le vittime del kibbutz dove è stato ucciso anche il marito Evitar Kipnis, già identificato. La Stampa titola “Lutto infinito”, raccontando come in Israele “si susseguono i funerali delle vittime del sabato nero di Hamas. Ognuno dei sopravvissuti ha una foto di un bambino, dei genitori, di un amico ancora ostaggio”.

La situazione a Gaza
Dal punto di vista militare, Israele continua con gli attacchi su Gaza per eliminare i vertici di Hamas. “Sono già trenta i suoi leader uccisi da inizio operazione”, spiega il Corriere della Sera. Il quotidiano racconta che nelle ultime ore le unità speciali israeliane hanno condotto missioni nelle zone periferiche di Gaza. Attacchi mirati con agili blitz. Intanto continuano i bombardamenti per distruggere i tunnel dove si rifugiano i terroristi e le basi di lancio dei missili. Basi che però, sottolinea il Giornale, sono state posizionate da Hamas “accanto a un asilo ma anche vicino a una moschea, a una scuola e a un edificio delle Nazioni Unite”. Il quotidiano prosegue raccontando che a Gaza “resta drammatica la situazione dei civili. Ieri un terzo convoglio di camion con aiuti umanitari è entrato nel territorio dal valico di Rafah, dopo che i primi due erano entrati tra sabato e domenica”. In questa situazione, aggiunge la Stampa, “l’Unione europea insiste per una pausa umanitaria”. Il Cairo, intanto, propone “zone protette” nella Striscia e l’allestimento di un campo profughi a Rafah, ma esclude di accogliere civili sfollati sul proprio territorio.

Netanyahu a fine corsa?
In politica interna, il premier Bibi Netanyahu viene raccontato come in difficoltà. Tre suoi ministri, riporta il quotidiano Yediot Ahronot citato da molti giornali italiani, stanno valutando di dimettersi perché contestano la scelta di Netanyahu di non avviare ancora l’operazione di terra. Anche i vertici militari premono per iniziare l’operazione. “I generali hanno fretta di cominciare l’operazione – scrive Repubblica – perché sanno che non possono tenere mobilitati in eterno centinaia di migliaia di riservisti”. Secondo il quotidiano, “Netanyahu è consapevole che prima o poi ci sarà una commissione d’inchiesta sulle stragi del 7 ottobre e vuole gettare la colpa addosso al ministro della Difesa Yoav Gallant e ai generali. Quelli hanno capito benissimo il piano del primo ministro e sono furiosi”. Il Giornale parla di crollo di fiducia nei confronti di Netanyahu nei sondaggi: “Secondo un sondaggio Yedioth Ahronoth, il 75% degli israeliani ritiene che il primo ministro sia responsabile della mancata protezione delle comunità al confine con la Striscia di Gaza”.

La Digos sulle tracce degli antisemiti
A Milano potrebbero essere identificati già nei prossimi giorni i manifestanti che hanno intonato cori antisemiti in arabo in una manifestazione di piazza. “La procura ha ricevuto una prima informativa dalla Digos, per ora a carico di ignoti, e il puzzle verrà completato nei prossimi giorni”, scrive Repubblica Milano. La questione è oggetto anche di dibattito politico. Il sindaco Beppe Sala, riporta il Giornale nelle pagine locali, “ha tenuto prima di tutto a precisare che ‘sulle autorizzazioni ai cortei non posso fare nulla, sono responsabilità di prefetto e questore”. Intanto a Palazzo Marino non si è trovato un accordo tra maggioranza e opposizione su una mozione a favore della liberazione degli ostaggi. Il voto, spiegano i quotidiani, dovrebbe esserci dopodomani.

De Paz: vietare i cortei anti Israele
Sulle manifestazioni filopalestinesi diventate occasioni per attaccare Israele o inneggiare Hamas, interviene il presidente della Comunità ebraica di Bologna, Daniele De Paz. In città una bandiera israeliana era stata bruciata in una simile occasione. “Quello che è accaduto non solo a Bologna, ma anche a Milano, Trieste e Firenze, dovrebbe spingere a un’azione corale dei sindaci per vietare queste manifestazioni che sono anticostituzionali”, afferma De Paz a Repubblica Bologna. Sulle pagine di Firenze si parla invece della fiaccolata per la pace organizzata a San Miniato, organizzata da padre Bernardo, abate della località toscana, e dalla Cgil. Alla marcia hanno partecipato diecimila persone e tra gli altri anche il rabbino capo di Firenze Gadi Piperno e l’imam Izzeddin Elzir.

Il NYT fa autocritica
La direzione del New York Times si è scusata per come ha inizialmente dato la notizia dell’esplosione all’ospedale Al Ahli di Gaza. “Avremmo dovuto fare più attenzione nel primo lancio della notizia, ed essere più chiari nello specificare le informazioni non verificabili”. In particolare, ammette il quotidiano, si è data “troppa fiducia a notizie la cui fonte era Hamas”. Oltre alle documentazioni israeliane, “fonti americane e altre internazionali hanno riferito di avere prove che il razzo provenisse da postazioni palestinesi”, ha spiegato il New York Times.

Il ghetto di Firenze in mostra
Apre a Palazzo Pitti la mostra Gli ebrei, i Medici e il Ghetto di Firenze, organizzata dalle Gallerie degli Uffizi e curata da Piergabriele Mancuso, Alice S. Legé e Sefy Hendler di The Medici Archive Project, visitabile da oggi al 28 gennaio 2024, sottolinea Repubblica nelle sue pagine locali. Una mostra in cui si racconta l’ambivalente ruolo del ghetto in città, “da un lato momento di separazione, dall’altro anche di accoglimento”, ha spiegato il presidente della Comunità ebraica di Firenze, Enrico Fink durante l’inaugurazione. Parole evidenziate dal Corriere Fiorentino che cita anche la riflessione della presidente Ucei Noemi Di Segni: il ghetto di Firenze, ha affermato Di Segni, è “un affaccio importante sulla condizione di segregazione” degli ebrei, ma è anche la prova di “quanto la cultura sia osmotica e attraversi anche le separazioni”.

Quelle ong contro Israele
Il tema del controllo dei fondi destinati alle ong palestinesi o che lavorano con i palestinesi continua ad essere sotto osservazione in Italia e in Europa. Il Giornale parla oggi di un dossier riservato della Ngo Monitor secondo cui “tra il 2019 e il 2020 il governo italiano avrebbe finanziato direttamente progetti relativi alla cooperazione in Palestina in cui erano coinvolte anche tre organizzazioni palestinesi famose per la loro opera di delegittimazione dello Stato di Israele: Al Haq; Defence for Children International-Palestine (Dcip) e Union of Agricultural Workers Committees (Uawc)”.

Le prospettive della regione
Sui quotidiani in questi giorni tornano i ragionamenti sulle possibili strade per negoziare la pace tra israeliani e palestinesi. Su Domani, Davide Assael risponde a Guido Rampoldi che sullo stesso quotidiano aveva riproposto l’idea di uno stato unico binazionale. Per Assael, “una fantasia che distrae dalla realtà”. “Ad Hamas non importa assolutamente niente della questione palestinese. La strumentalizza” sottolinea la politologa Marta Dassù su La Stampa. Sul futuro di Gaza, ad Avvenire Yonatan Bassi, che coordinò il ritiro deciso dall’allora premier Sharon, afferma di “avere forti dubbi sulla possibilità di distruggere militarmente Hamas. Tzahal può uccidere i principali comandanti. Purtroppo, però, ne sorgeranno altri. Nel lungo periodo, solo i palestinesi possono eliminare Hamas e scegliere una leadership capace di garantire loro pace e benessere”.
Natan Sharansky, dissidente in Urss ed ex ministro israeliano, afferma al Foglio che “se Hamas con la simpatia del mondo libero riuscirà nel suo progetto di sconfitta anche solo parziale di Israele, allora tutto il mondo vedrebbe l’emergere del terrore islamista. E l’Europa oggi è molto vulnerabile a questo odio”.