GUERRA – 28 GIORNOBlinken ancora nella regione Famiglie ostaggi in pressing su governo

Per la terza volta dall’aggressione di Hamas, il segretario di Stato americano Anthony Blinken è in visita in Israele. Una missione per riaffermare il sostegno Usa all’operazione militare a Gaza contro i terroristi, ma anche per chiedere a Gerusalemme un cessate il fuoco temporaneo nella Striscia. “Israele non ha solo il diritto, ma anche il dovere di difendersi, e di fare il possibile affinché l’attacco del 7 ottobre non si ripeta”, ha dichiarato Blinken incontrando il presidente dello stato ebraico Isaac Herzog. D’altra parte, ha aggiunto, “è molto importante fare tutto il possibile per proteggere i civili presi nel fuoco incrociato dei combattimenti contro Hamas”. Da Washington è arrivata una richiesta per introdurre delle “pause umanitarie”. Un tema, scrivono i media israeliani, di cui Blinken ha discusso in queste ore con il premier Benjamin Netanyahu e con il gabinetto di guerra riunito nel quartier generale militare di Kirya, a Tel Aviv. Lo stop momentaneo consentirebbe la distribuzione di aiuti umanitari e l’uscita di un maggior numero di persone dalla Striscia attraverso il valico di Rafah. Da giorni Gerusalemme ha dato il via libera al passaggio di camion di aiuti per la popolazione attraverso il valico con l’Egitto, ma senza aprire a possibili cessate il fuoco. Gli Usa vorrebbero arrivare a una pausa temporanea anche per calmare le acque con gli altri alleati nell’area. In particolare con la Giordania, dove Blinken volerà dopo il vertice di Kirya. Amman ha richiamato il suo ambasciatore in Israele e così ha fatto il Bahrein per protestare contro l’azione militare a Gaza. Washington la sostiene, ma vuole evitare ulteriori fratture nell’area e cerca di mediare. Ogni crisi, sottolinea la Casa Bianca, può essere sfruttata dagli altri nemici dello stato ebraico per attaccarlo: Hezbollah e Iran su tutti, già pienamente coinvolti in questo conflitto. “Finché ci saranno gli Stati Uniti, Israele non resterà mai sola”, ha evidenziato Blinken.
Nel frattempo sul terreno lo scontro prosegue senza sosta. I soldati di Tsahal hanno accerchiato Gaza City, considerata la roccaforte di Hamas, e stanno combattendo casa per casa, strada per strada contro i terroristi. Tra le minacce eliminate, Mustafa Dalul, uno dei comandati di Hamas in città. “Le nostre forze terrestri, aeree e navali continuano a operare per eliminare la catena di comando” del gruppo terroristico, ha sottolineato l’esercito. Uno dei suoi portavoce, Daniel Hagari, ha anche aggiornato il numero degli ostaggi imprigionati da 28 giorni a Gaza: sono 241. Diverse famiglie dei rapiti si sono radunate oggi davanti al cancello della base di Kirya. La loro richiesta al governo è di dare priorità alla liberazione dei loro cari. “Tutti i ministri hanno la responsabilità collettiva di restituirci i nostri figli. Vogliono prima rovesciare Hamas, mentre i rapiti sono solo una seconda priorità: questo non è accettabile. Prima restituite i rapiti e poi fate quello che ritenete opportuno”, ha dichiarato ai microfoni di Kan, Shira Albag, madre della giovane Liri, una degli oltre 200 ostaggi. “Ogni momento che passa senza di loro è motivo di grande dolore e un’ulteriore dimostrazione delle atrocità compiute da Hamas”, ha affermato il presidente d’Israele. Ai suoi concittadini, Herzog ha chiesto, in ebraico e in arabo, di accendere domenica sera alle 18.00 una candela in memoria delle 1.400 vittime dell’attacco del 7 ottobre. Il ministero della Giustizia sta valutando di istituire un tribunale per giudicare i crimini commessi da Hamas. Si stanno muovendo anche i parenti delle vittime, ma sul piano internazionale: nove famiglie hanno presentato una denuncia alla Corte penale internazionale per i crimini di guerra compiuti dai terroristi di Gaza. La richiesta alla Corte è di emettere un mandato di arresto internazionale per i suoi leader.
(Foto Ufficio del Primo ministro israeliano)