ISRAELE – Arrestata Ahed Tamimi
Uccisa poliziotta a Gerusalemme

Da anni le autorità israeliane monitorano i social network e intervengono per fermare chi fomenta il terrorismo. Dal 7 ottobre, questa attività è diventata ancor più necessaria. Dal giorno del massacro compiuto da Hamas, in un mese sono state incriminate 34 persone per istigazione: cittadini israeliani o di Gerusalemme Est che hanno celebrato le stragi nel sud d’Israele, invitato palestinesi, arabi israeliani e Hezbollah ad attaccare lo stato ebraico e i suoi cittadini. A questo numero di persone si è aggiunta in queste ore l’attivista Ahed Tamimi, volto celebre della propaganda filopalestinese. Tamimi è stata arrestata a Nabi Salih, vicino a Ramallah, per un messaggio in cui incitava i palestinesi a compiere uccisioni di massa. “Il nostro messaggio alle mandrie di coloni è che vi aspettiamo in tutte le città (della Cisgiordania), da Hebron a Jenin. Vi massacreremo e voi direte che quello che Hitler vi ha fatto è stato uno scherzo. Berremo il vostro sangue e mangeremo i vostri teschi. Andiamo, vi aspettiamo”, si leggeva nel post, scritto in ebraico e arabo.
Tamimi in questi anni è diventata un’icona della causa palestinese dopo essere stata incarcerata nel 2017 per aver aggredito un soldato israeliano. All’epoca aveva 16 anni e al processo, dopo aver patteggiato, aveva ammesso l’aggressione, di aver incitato alla violenza e di aver disturbato i soldati in altre due occasioni. Questo nuovo arresto avviene all’interno di un’operazione più ampia della polizia in cui sono stati fermati altri 23 palestinesi a Gerusalemme Est, coinvolti in proteste violente e in diffusione di messaggi d’odio sui social. Nelle stesse ore un attentatore palestinese di 16 anni ha accoltellato due poliziotti a Gerusalemme. Uno degli agenti, Elishave Rose Ida Lubin, ha riportato ferite gravi ed è stata ricoverata d’urgenza all’ospedale Hadassah, dove dopo alcune ore è morta.
Le autorità temono adesso l’emulazione. Da qui l’importanza di monitorare ogni istigazione al terrorismo e i molti appelli ad abbassare i toni. Come ha fatto Mansour Abbas, leader del partito arabo Ra’am. Già il 7 ottobre Abbas aveva lanciato un appello pubblico “ai cittadini arabi ed ebrei a mantenere la moderazione e a comportarsi in modo responsabile” e “astenersi dal compiere atti di violenza”. Il leader di Ra’am è stato tra i parlamentari della Knesset ad aver visto gli oltre quaranta minuti di video che documenta le stragi compiute da Hamas. Il sito Maariv lo ha descritto in lacrime dopo la visione. Anche per questo lo stesso Abbas oggi ha chiesto a una sua collega di partito – Iman Khatib-Yasin – di dimettersi per aver sostenuto che i terroristi palestinesi “non hanno massacrato i bambini e non hanno stuprato le donne”. Khatib-Yasin, intervistata dal canale della Knesset, ha cercato di mettere in dubbio quanto avvenuto il 7 ottobre. “Se è successo, è vergognoso. Ma se fosse successo, sarebbe stato incluso” nei video, aveva dichiarato la parlamentare di Raam. Parole dirette a ridurre o negare le responsabilità di Hamas, a cui Abbas ha risposto con durezza. “Non c’è e non ci sarà spazio nelle nostre fila per chi nega o minimizza la gravità delle azioni che contrastano i nostri valori e i valori dell’Islam”, ha affermato il numero uno di Ra’am, chiedendo le dimissioni di Khatib-Yasin. Intanto lei ha fatto un passo indietro, cercando di scusarsi e affermando di aver commesso un errore.
Nel mentre un’altra uscita ha alimentato le polemiche in Israele. Amichai Eliyahu, ministro del Patrimonio e membro dei nazionalisti religiosi di Otzma Yehudit, in un’intervista ha sostenuto che sganciare una bomba atomica su Gaza sia un’opzione. “Commenti scollegati dalla realtà”, secondo la definizione del primo ministro Benjamin Netanyahu. “Israele e Tsahal operano secondo i più alti standard del diritto internazionale per evitare di fare del male agli innocenti, e continueremo a farlo fino alla vittoria”, ha aggiunto Netanyahu, annunciando la sospensione di Elyahu dalla partecipazione alle riunioni di governo. Le opposizioni ne chiedevano il licenziamento. Secondo i media locali, il premier avrebbe desistito dal silurarlo su indicazione del leader di Otzma Yehudit e ministro della Pubblica Sicurezza, Itamar Ben Gvir.