IL LIBRO – Giuliani: Non c’è gioia
per la morte del nemico
In Devarim/Deuteronomio troviamo la prima menzione biblica di Gaza, dalla bocca di Mosè. Nel primo dei suoi discorsi ai figli e alle figlie di Israele, il liberatore del popolo ebraico dalla schiavitù d’Egitto cita infatti gli avviti, una popolazione che “dimorava in villaggi vicino a Gaza” poi distrutti dai kaftoriti, “i quali si stabilirono al loro posto”.
Lo ricorda lo studioso e docente di Pensiero ebraico Massimo Giuliani nel suo nuovo libro “Gerusalemme e Gaza. Guerra e pace nella terra di Abramo”, da oggi nelle librerie con l’editore Scholé. Un testo che non appartiene al genere del saggio storico e neppure punta a fornire nuove analisi geopolitiche, precisa l’autore, ma che ha l’obiettivo di riportare tanto i processi storici quanto le dinamiche geopolitiche “sullo sfondo di simboli e credenze religiose assai più antichi, che solo in apparenza non sono motivi immediati del conflitto, ma che agiscono, non hanno mai smesso di agire, nel sottosuolo di eventi e decisioni”. Si parte con un approfondimento su storia, memoria e teologia politica per “capire Israele”. In un successivo capitolo Giuliani illustra come la città di Gaza è percepita nella Bibbia e nella storia, per poi accennare tra i vari temi a “guerra e pace” nel pensiero religioso ebraico. In un periodo pervaso dal lutto, nel mezzo di una guerra che per Israele è anche esistenziale, la speranza dell’autore è che “non vada perduta la lezione etica che viene dall’antico midrash ambientato all’indomani dell’uscita dall’Egitto”, quando “grazie alla mano potente del Signore, i figli e le figlie di Israele erano in salvo dall’altra parte del mare, e l’esercito del faraone moriva affogato”. In quel momento, ricorda lo studioso, “gli angeli in cielo cominciarono a cantare ed esultare per il grande miracolo…ma Iddio benedetto si voltò verso di loro e li zittì: ‘Come osate cantare ed esultare mentre una parte della mia creazione sta affogando in mare?'”.
Questa è l’etica religiosa ebraica, sottolinea Giuliani: “Non si esulta per la sofferenza e per la morte del proprio nemico”.