MEDIO ORIENTE – Rabbinato italiano:
distanza del papa non è equa
“Ci domandiamo a cosa siano serviti decenni di dialogo ebraico cristiano parlando di amicizia e fratellanza se poi, nella realtà, quando c’è chi prova a sterminare gli ebrei invece di ricevere espressioni di vicinanza e comprensione la risposta è quella delle acrobazie diplomatiche, degli equilibrismi e della gelida equidistanza, che sicuramente è distanza ma non è equa”. A porsi tale interrogativo è l’Assemblea dei Rabbini d’Italia (Ari), in una nota in cui viene stigmatizzato il modo in cui il Vaticano ha gestito la visita dei famigliari di ostaggi israeliani, che ieri hanno incontrato il papa a Santa Marta. “L’incontro del Papa con i parenti degli ostaggi rapiti da Hamas, da tempo richiesto e sempre rinviato, è stato finalmente possibile perché è stato seguito da un incontro con parenti di palestinesi prigionieri in Israele, così come riportato dal Papa, mettendo sullo stesso piano innocenti strappati alle famiglie con persone detenute spesso per atti gravissimi di terrorismo. E subito dopo il Papa ha pubblicamente accusato entrambe le parti di terrorismo”, accusano i rabbini italiani. Prese di posizione al massimo livello, prosegue la nota, che “seguono dichiarazioni problematiche di illustri esponenti della Chiesa in cui o non c’è traccia di una condanna dell’aggressione di Hamas, oppure, in nome di una supposta imparzialità, si mettono sullo stesso piano aggressore e aggredito”. Sulla vicenda era ieri intervenuta la presidente Ucei Noemi Di Segni, in una dichiarazione all’agenzia stampa Ansa ripresa da molti quotidiani. “Il Papa mette tutti sullo stesso piano di partenza e di arrivo. Ma la partenza è il terrore che esegue il disegno di sterminio degli ebrei nel mondo intero. Mentre la guerra è necessaria alla difesa di Israele e della sua popolazione”, aveva sottolineato Di Segni, aggiungendo poi: “Alle vittime va associato chi è il vero responsabile”.
(Nell’immagine: rav Alfonso Arbib, il presidente dell’Ari)