PAGINE EBRAICHE – Il mensile torna nelle case
“Bring them home now” è diventato, in queste settimane, molto più di uno slogan. Un appello, un urlo, una speranza. Sono le parole che campeggiano sulla prima pagina del nuovo numero di Pagine Ebraiche in distribuzione. “Di positivo c’è solo il rilascio dei primi ostaggi. E una ritrovata unità di intenti della società israeliana, largamente d’accordo nel volersi liberare una volta per tutte della violenza di Hamas”, sottolinea il neo direttore delle testate editoriali Ucei Daniel Mosseri. Il numero di dicembre del giornale dalla grafica rinnovata si apre con un editoriale della presidente dell’Ucei Noemi Di Segni e alcune pagine dedicate a Israele tra dolore e ripartenza, raccontando la reazione del paese allo shock del 7 ottobre nel segno del coraggio e della tenacia. In evidenza l’impegno degli italkim, gli italiani d’Israele, che si sono rimboccati le maniche per dare un aiuto concreto su tanti fronti. Lo sguardo si allarga poi all’estero, dalla Francia alla Germania, dalla Svezia alla Russia agli Usa. Esperienze e testimonianze a confronto sul fenomeno antisemitismo. Dialogano con Pagine Ebraiche, tra gli altri, il presidente della conferenza degli imam di Francia Hassen Chalghoumi, il segretario generale della Kurdische Gemeinde Deutschland Cahit Başar, l’analista del Jerusalem Institute for Strategy and Security Alexander Grinberg. Dall’Italia il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni definisce il riscatto dei rapiti un “imperativo morale”. Tante le notizie dall’Italia ebraica: ci si sofferma fra l’altro sul rilancio dell’area dell’ex ghetto di Venezia, sui nuovi volti ai vertici delle Comunità, sui progetti per l’integrazione degli studenti israeliani nelle scuole. Spazio anche alle attività dei giovani Ugei, anche loro in campo per la solidarietà. Nelle pagine culturali l’elaborazione del trauma attraverso i disegni di Joann Sfar e la sorprendente attualità delle lettere “sull’ebraismo” firmate da Stefan Zweig. Si avvicina intanto l’appuntamento con Chanukkah: ne scrive il rabbino Giuseppe Momigliano.