ANTISEMITISMO – Tre presidenti di comunità: perché la manifestazione è importante
“Questa sera in piazza del Popolo è importante un’adesione in massa. Contro l’antisemitismo, contro l’indifferenza, contro l’odio, l’Italia deve dare un segnale con la presenza, senza distinzione politiche”. È l’auspicio espresso a Pagine Ebraiche dalla presidente della Comunità ebraica di Napoli, Lydia Schapirer, per l’iniziativa di questa sera a Roma per dire no al terrorismo e no all’antisemitismo. A organizzarla, l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e la Comunità ebraica della capitale. “Forse l’iniziativa non doveva partire da noi, ma dall’esterno perché è la società civile tutta ad essere coinvolta”, aggiunge Schapirer. Come le altre 20 comunità ebraiche, anche Napoli ha dato la sua adesione e ci sarà in piazza questa sera con una delegazione. Così come da Firenze, da dove partirà un pullman. “Siamo tutti ben consapevoli del momento e per questo vogliamo essere in tanti”, afferma il presidente della Comunità fiorentina, Enrico Fink. “È fondamentale che in piazza non ci sia solo il mondo ebraico, perché l’antisemitismo non è un problema degli ebrei e va estirpato alla radice”.
A portare la voce di Milano, Milo Hasbani. “È essenziale esserci. Stiamo facendo tutti gli sforzi possibili per una grande adesione”, sottolinea il Consigliere della comunità e vicepresidente Ucei. Di fronte a quanto accaduto in Israele, agli ostaggi, al motivo del conflitto e all’antisemitismo riemerso dopo il 7 ottobre “non è possibile girarsi dall’altra parte. Farlo, vuol dire non rendersi conto della difficoltà del momento” per lo stato ebraico e per gli ebrei, rileva Hasbani. L’incomprensione e la distorsione della realtà hanno guidato ad esempio le manifestazioni in diverse università. “A Milano è accaduto alla Statale con manifestazioni contro Israele e una grande confusione. Noi abbiamo sentito subito il rettore e vogliamo aprire un confronto per spiegare in ateneo la situazione in Medio Oriente, ma anche il problema dell’antisemitismo. Pensiamo che il dialogo sia una soluzione”. Anche l’Università di Napoli è stata teatro di proteste. In nove, riprende Schapirer, “hanno di fatto bloccato l’ateneo. Ma al di là dei numeri, vedo tra molti ragazzi grande ignoranza. In alcuni casi c’è anche malafede, ma spesso è una incapacità di studiare a fondo le situazioni, un accontentarsi di slogan e non fare lo sforzo di leggere la storia”. Difficile sentire i racconti, aggiunge Fink, degli studenti israeliani “che hanno paure e ansie a recarsi all’università. In città la situazione è calma, ma anche noi non siamo immuni da episodi come scritte sui muri ed episodi di antisemitismo contro singoli. Purtroppo anche contro ragazzi giovanissimi presi di mira a scuola perché ebrei. È inaccettabile”.
“Oggi più che mai abbiamo bisogno di solidarietà”, aggiunge Walker Meghnagi, presidente della Comunità ebraica di Milano. “Io sono in Israele al momento e sento quanto è importante dare un segnale che non siamo soli. Noi a Milano abbiamo ricevuto molti messaggi di vicinanza, abbiamo le istituzioni al nostro fianco ed è molto positivo. Ma mi preoccupa la retorica dei se e dei ma: basta con le ambiguità come accaduto con i movimenti femministi che hanno ignorato le violenze subite dalle donne israeliane dai terroristi di Hamas. Basta con i distinguo”.