TORINO – Il ricordo di 20 donne ebree arrestate nel 1943
Una delle pagine più buie della Shoah torinese è rimasta a lungo sconosciuta. Il 3 dicembre 1943 la polizia fascista arresta nel ricovero di via Como 140 (oggi via Ghedini 6) venti donne ebree, di età compresa tra i 65 e gli 85 anni. Si trovano lì perché sfollate dall’Ospizio israelitico di piazza Santa Giulia, danneggiato in agosto dai bombardamenti. Dopo l’ordinanza del 30 novembre 1943 della repubblica di Salò, diventano bersaglio della caccia all’ebreo avviata ufficialmente dai fascisti. Sono così tutte prelevate da via Como e imprigionate nel carcere Le Nuove di Torino. “Una vicenda di cui non si sapeva praticamente nulla e in cui mancano ancora dei pezzi”, racconta a Pagine Ebraiche, il giornalista Claudio Mercandino, della sezione Anpi “Renato Martorelli”. Mercandino si è occupato in modo approfondito del caso, partendo da un primo spunto dello storico Nicola Adducci. “Dal punto di vista numerico, è l’episodio più significativo della Shoah a Torino”, rileva. “Eppure anche noi sapevamo poco o nulla di questa storia”, conferma il presidente della Comunità ebraica della città, Dario Disegni. Ora il Comune ha deciso di darvi rilevanza, proponendo di dedicare una targa e un giardino alla memoria di queste donne. Il loro destino, racconta Mercandino, si divise in più atti. “Dopo l’arresto, tra il 12 e il 14 dicembre la gran parte delle venti donne torna in libertà sulla base di una circolare che sospende temporaneamente la procedura di arresto per le persone ultrasettantenni o gravemente ammalate”. Delle venti, alcune morirono in un ricovero comunale di stenti e malattia: Vittoria Bianchi, Giustina Debenedetti, Giuseppina Finzi, Letizia Jachia, Diamante Levi, Esterina Levi, Giulia Sforni. “Due (Rosina Valobra e Consolina Levi) sono sepolte nei cimiteri di Pinerolo e Strambino Romano. Almeno sei furono catturate nel secondo atto di questa storia: il 7 marzo del 1944 in un’altra retata nell’ospizio sono di nuovo arrestate. Saranno deportate prima a Fossoli e da lì ad Auschwitz dove vengono subite uccise. Altre cinque si salvarono. Di tutte sappiamo molto poco”, spiega Mercandino. I loro nomi sì: Teresita Teglio, Sara Colombo, Rosa Vita, Emma Lascar, Ercolina Levi, Aida Montagnana, Dolcina De Angeli, Ottavia Levi, Eugenia Treves, Zeffira Ghiron, Eugenia Finzi.
“Ma potrebbero esserci altri nomi: mancano gli uomini ad esempio”. Mancano anche riferimenti precisi alle identità di queste persone. “Purtroppo al momento ci sono pochissime testimonianze orali che le ricordino”, sottolinea Disegni. Anche per questo, aggiunge il presidente della Comunità torinese, la decisione del Comune di dedicare alla loro memoria una targa e un giardino “rappresenta un segnale importante di memoria”. Portano avanti l’iniziativa le consigliere comunali Nadia Conticelli e Alice Ravinale, rispettivamente capigruppo del Partito Democratico e di Sinistra Ecologista. “La dedica del giardino è significativa perché un tempo lì sorgeva un altro spazio dell’ospizio, un baraccamento dove una delle donne morì nel freddo e nelle difficoltà”, sottolinea Disegni. Sia lui che Mercandino ricordano come “in quella parte della città non ci siano Pietre d’inciampo, non ci sono luoghi di memoria della Shoah”. Con la riscoperta di questa storia, ora anche qui la storia della persecuzione ebraica avrà un suo spazio. “Speriamo sia un monito anche per il futuro”, conclude Disegni.