ROMA – La luce in Piazza Barberini,
il cuore con gli ostaggi a Gaza

La somma delle lettere che compongono la parola ebraica Chai, vita, è 18. Doppia intensità ieri sera a Roma, in piazza Barberini, per la tradizionale cerimonia di accensione della Chanukkiah da parte del movimento Chabad Lubavitch. Doppia intensità perché, come evidenziato da Chabad, si è giunti alla 36esima edizione di una serie avviata con successo nel 1987. E forse anche alla più significativa, pensando alla situazione in Israele e in Medio Oriente. Hanno partecipato tra gli altri la presidente Ucei Noemi Di Segni, il presidente della Comunità ebraica romana Victor Fadlun, l’ambasciatore Usa in Italia Jack Markell, la sua omologa canadese Elissa Goldberg, la vicesindaca Silvia Scozzese. “Il popolo ebraico è come un unico corpo: quando una parte fa male, le conseguenze si sentono in tutto l’organismo. Siamo tutti coinvolti”, ha affermato il rabbino Yitzhak Hazan, storico leader di Chabad a Roma. “Anche noi, da qui, possiamo fare qualcosa: aiutare i nostri fratelli con tutta la nostra anima, pregare per loro, dire un salmo in più: nessuno è esentato”. Come insegna Chanukkah, ha detto ancora il rav, “si può sconfiggere il male anche accendendo una luce, invocando la pace per Israele e per il mondo intero”. Per Noemi Di Segni il primo pensiero “è per chi sta ancora nel buio, nei tunnel, agli ostaggi di Hamas, con l’auspicio e la preghiera che tornino a vedere la luce del giorno prima ancora delle candeline di Chanukkah”.  Così Fadlun: “Il male è assenza di bene, il buio è assenza di luce. Il nostro dovere è ricercare e perseguire ogni momento il solo bene. In questo modo il male sparirà nel nulla, perché è figlio del nulla”.

(Foto: Chabad Lubavitch Roma)