POESIA – Ferrara omaggia Giovanna Bemporad, poetessa anticonformista

Nel recensire il volume “Esercizi” di Giovanna Bemporad (Il Mattino del popolo, 12 settembre 1948), Pierpaolo Pasolini descrisse brevemente la genialità e l’anticonformismo dell’amica poetessa: “In pieno disordine, sempre sull’orlo della fame e addirittura del suicidio, perseguitata per le strade di Bologna, Firenze o Venezia da sguardi sgomenti per il suo aspetto e le sue vesti mostruose, fischiata dai militari o dai ragazzi”, la “mancanza di rispetto per se stessa e l’assoluto disprezzo per il prossimo” diventavano “un fatto giustificatissimo non appena essa incominciava a recitare dei versi”. Punto di riferimento della poesia del Novecento italiano, scampata alle persecuzioni antiebraiche, il nome di Bemporad è tornato d’attualità. A cento anni dalla nascita e a dieci dalla morte, la sua Ferrara l’ha celebrata dedicandole uno spazio: sulla Nuova Darsena sul Canale di Burano da ieri sorge piazza Giovanna Bemporad. “Un luogo tra terra e acqua, poetico per eccellenza, sede di incontro e di scambio soprattutto per le nuove generazioni”, ha spiegato il sindaco di Ferrara, Alan Fabbri. Un’area, ha sottolineato il primo cittadino, “vicina al Meis, il Museo dell’ebraismo italiano e della Shoah, per omaggiare le origini di Giovanna Bemporad”.
Alla cerimonia di inaugurazione, a cui è seguita un’iniziativa al Teatro comunale, erano presenti i nipoti della poetessa, Caterina e Giulio Pascali (quest’ultimo consigliere comunale a Fermo, dove Bemporad è sepolta). “Era una donna geniale, anticonformista, antifascista, perseguitata durante il fascismo perché ebrea”, ricorda a Pagine Ebraiche la presidente dell’istituto di Storia contemporanea di Ferrara, Anna Quarzi. “Fu un’emozione incontrarla di persona per un evento in città“. La dedica della piazza, evidenzia Quarzi, “rappresenta al meglio la funzione della toponomastica: ricordare chi ha lasciato il segno positivo nella storia del nostro paese”.
Nata nel 1923 nella città estense, ad appena 13 anni tradusse l’Eneide, lavorando di notte prima di andare a scuola. “Per trentasei notti, non ho chiuso occhio, invasata com’ero dall’Eneide”, raccontò in un’intervista del 1981. “Avevamo una casa molto grande, con una cantina che era un labirinto. Qui, con alcune casse, mi costruii un tavolino e uno sgabello. Ebbi così il mio studio sotterraneo. La sera mi ci rintanavo di nascosto e lavoravo al poema di Virgilio fino al mattino, quando veniva l’ora di andare a scuola. Nel furore che mi teneva sveglia, mi venne di fare delle cose orrende, ma anche dei versi straordinari. Con l’Eneide ho un conto aperto da una vita”.
Una vita segnata dalle leggi razziali e poi dalla persecuzione nazifascista, a cui scampò miracolosamente. In una testimonianza Bemporad raccontò di essere stata catturata dalle SS, rischiando la fucilazione per poi essere richiusa per tre mesi nel carcere di Rovigo, da cui fu poi liberata. “Fui portata in campagna, messa contro un muro, le canne dei fucili puntate addosso. Era una fredda sera di novembre, il mese dei morti. Una furia selvaggia mi salì dalle viscere, mi misi a gridare in tedesco: Perché mi volete uccidere? Non si uccide la poesia!“.

(Foto – Comune di Ferrara)