GUERRA 77ESIMO GIORNO
La testimonianza di Sahar:
rapita dai terroristi, picchiata dai civili

Sahar Kalderon, 16 anni, era con il fratello Erez, 12 anni, in visita dal padre Ofer nel kibbutz Nir Oz il 7 ottobre. Quando i terroristi hanno attaccato la casa, i tre sono riusciti a fuggire e si sono nascosti nella boscaglia. Da lì Sahar ha assistito al saccheggio di Nir Oz. Folle di gazawi, racconta l’adolescente al New York Times, hanno invaso il kibbutz, rubando di tutto. “Biciclette, trattori, materassi, frigoriferi, moto, televisori, qualsiasi cosa. Ho visto i terroristi con in mano borse piene di cose”. Per due ore la giovane è rimasta nascosta con il padre e il fratello, in attesa dell’arrivo dell’esercito. Seduta in silenzio, ricorda di aver pregato “di non essere catturata”. Invece tutti e tre vengono visti e rapiti. Per 52 giorni Sahar è rimasta nelle mani di Hamas. Lei e il fratello sono stati rilasciati, ma il padre è ancora nella Striscia. Da 77 giorni di lui la famiglia non sa nulla. “Che ne sarà di mio padre?”, il doloroso interrogativo di Sahar, condiviso con i parenti degli altri 128 ostaggi prigionieri dei terroristi palestinesi. Un accordo simile a quello che ha portato alla liberazione dei fratelli Kalderon non è all’orizzonte: Hamas chiede un cessate il fuoco definitivo in cambio di un nuovo rilascio. Israele lo esclude: garantirebbe solo al gruppo del tempo per riorganizzarsi. Le operazioni nella Striscia vanno avanti. Tsahal in queste ore ha invitato i residenti del campo profughi di al-Bureij, nella parte centrale dell’enclave, ad evacuare immediatamente verso i rifugi nella città meridionale di Dir al-Balah. Il portavoce militare in arabo, Avichay Adraee, ha poi annunciato un cessate il fuoco temporaneo nella zona occidentale di Rafah dalle 10:00 alle 14:00, per facilitare il passaggio dei rifornimenti per le esigenze umanitarie.
In molte aree di Gaza si combatte e altri due soldati sono caduti in battaglia, portando a 139 il numero complessivo dall’inizio della missione via terra. Missione aperta da intensi bombardamenti, rimasti impressi nella memoria di Sahar. “Molte volte mi sono detta che, alla fine, sarei morta per i missili di Israele e non per mano di Hamas”, ha affermato la giovane. Al New York Times, ha raccontato le violenze subite dai palestinesi. Quando è stata rapita e portata via in moto verso Gaza ha visto nei campi migliaia di terroristi, ma anche semplici civili che avevano con sé “oggetti provenienti dalle nostre case”. In molti “venivano verso di me per colpirmi”. Durante i 52 giorni di prigionia ha sofferto la fame ed è stata tenuta completamente all’oscuro sul destino della sua famiglia. Non sapeva che sua nonna e suo cugino erano stati uccisi né che il padre e il fratello fossero stati rapiti. Poi è arrivato il rilascio, scoperto con un’ora di anticipo. Nel furgone bianco usato per trasportarla, ha trovato inaspettatamente il fratello Erez. “Ho iniziato a piangere. E mi son detta: ‘Almeno ho lui’”.
Al New York Times la madre, Hadas, sottolinea come i due figli abbiano perso la loro infanzia. “Hanno paura che dietro ogni porta di casa ci siano dei terroristi”. “Solo il ritorno del padre può aiutarli a guarire”. “Sappiamo che è vivo. Vogliamo che torni vivo”.
Dal kibbutz Nir Oz, da dove sono stati portati via i Kalderon, in queste ore sono arrivate cattive notizie. Uno dei rapiti, Gadi Haggai, 73 anni, è morto nelle mani dei suoi aguzzini. Sua moglie Judith è ancora tra gli ostaggi e si ritiene sia ferita.
Intanto anche nel nord del paese la preoccupazione è elevata. Ancora una volta i terroristi di Hezbollah hanno attaccato dal sud del Libano. Lo hanno fatto con una raffica di 20 missili. Non ci sono state vittime, ma Israele ha risposto duramente, colpendo alcune postazioni e infrastrutture del gruppo terroristico libanese.