AUGURI DI NATALE – Di Segni-Pizzaballa,
due linguaggi diversi

“Ho notato che soprattutto nel mondo occidentale la società si è divisa tra chi è a favore di Israele e contro la Palestina e viceversa. Non abbiamo bisogno che voi facciate questo. Abbiamo bisogno invece che ci aiutiate a usare un linguaggio diverso”, dichiarava negli scorsi giorni il patriarca latino di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa, intervenendo a una diretta online sul tema “Riconciliazione, dialogo e pace”. Il suo “linguaggio” l’alto esponente del clero cattolico l’ha espresso nel giorno di Natale, recandosi a Betlemme con la kefiah al collo. Un gesto che farà discutere. Come già alcune iniziative sul conflitto in corso tra Israele e i terroristi di Hamas da parte di papa Francesco, stigmatizzate dall’Assemblea rabbinica italiana che a fine novembre aveva parlato di “acrobazie diplomatiche”, “equilibrismi” e “gelida equidistanza, che sicuramente è distanza ma non è equa”. Al papa si è rivolta ieri anche la presidente Ucei Noemi Di Segni, in un messaggio destinato non solo al Vaticano, ma anche “alle Chiese in Italia, ai fratelli e alle sorelle di fede cristiana”. Di Segni ha espresso l’auspicio “che questo Natale sia un giorno di speranza nel quale tramandare il senso di una fede religiosa che rende la vita non solo il miracolo di una nascita, ma che considera la responsabilità di quella che prosegue ogni giorno”. Un giorno quindi “nel quale si affermi la fede che protegge la famiglia e le comunità, ben lontana da ogni forma di abuso e distorsione della fede, propria o altrui, nel nome di D-o per progettare ed eseguire massacri, per spargere e radicare odio”. Di Segni ha anche formulato la speranza che “protagonisti e simboli di questa festa siano propriamente citati nella sacralità loro attribuita, senza prestarli a significati politici”, arginando quindi anche “la distorsione di quei riferimenti alla geografia, storia e cardini della fede che, nella spirale mediatica, promuovono realtà sostitutive, risvegliano secolari pregiudizi e seminano scetticismo e odio verso chi cerca convivenza e tramanda il valore della vita”. Ulteriori aspettative della presidente Ucei: che la parola ‘Pace-Shalom’ non sia evocata “in appelli che sollevano le coscienze da ogni responsabilità passata e futura”, che i luoghi sacri di Gerusalemme e di Israele “siano spazi nei quali è data protezione alla libertà di preghiera, intima o corale che sia, e non al terrore e all’inganno” e che “finalmente le donne generatrici di questa sacra vita siano ricordate tutte e ogni nascituro possa ricevere quel dono di fiducia nel prossimo e nell’intelligenza umana per la costruzione del bene, che matura nel rispetto della verità“.