ARCHITETTURA – Nelle sinagoghe d’Italia il riflesso della storia nazionale
Un corso con l’architetto Andrea Morpurgo

Cupole più o meno maestose, rosoni con dentro una stella di Davide, mezuzot alle porte: le sinagoghe sono da secoli elementi caratterizzanti, ma non sempre conosciuti, di molte città italiane. Sia che si tratti di quelle imponenti del periodo dell’Emancipazione, quando gli ebrei allora sudditi del Regno si videro riconosciuti i pieni diritti, sia di quelle più “discrete” dell’infelice stagione dei ghetti, quando l’esercizio del culto doveva svolgersi in modo assai più blando, con la minaccia costante di una conversione forzata. Varcare la soglia di questi edifici e studiarne le architetture è un ottimo modo per ripercorrere gli alti e bassi di oltre duemila anni di storia italiana. Un viaggio intrigante per cogliere lo “spirito del tempo” che ha segnato ogni epoca, con implicazioni anche assai pratiche, specie in campo edilizio. È il tema del nuovo corso di “Architettura Sinagogale” del Diploma universitario triennale in Studi Ebraici “Renzo Gattegna”, a cura dell’architetto e storico dell’architettura Andrea Morpurgo. Quindici lezioni, a partire da giovedì 11 gennaio, per approfondire lo straordinario significato non soltanto spirituale di spazi “in cui la storia ci parla”, come evidenzia Morpurgo. Il suo sarà un itinerario cronologico, che muove dalla distruzione del Tempio di Gerusalemme da parte delle truppe di Tito, per poi esplorare l’identità delle antiche sinagoghe d’Israele e della diaspora, delineare le caratteristiche della sinagoga medievale e di quella del ghetto e soffermarsi in seguito “sul grande spartiacque rappresentato dall’Emancipazione”. Uno spartiacque che per gli ebrei italiani arrivò nel solco del Risorgimento di cui furono tra i protagonisti. Agli ebrei fu data allora “la possibilità di mostrarsi, con benefiche ripercussioni anche sulle sinagoghe”, osserva lo studioso. Non solo conquistarono una maggiore verticalità, “ma si allargarono anche ad altri stili”. Risale ad allora la scelta di classificare la sinagoga con il termine “Tempio”, un termine “nuovo” mutuato dall’antica storia ebraica in terra d’Israele per marcare una discontinuità rispetto a un passato costellato di vessazioni che si voleva accantonare. In quegli anni vedono così la luce sinagoghe di notevole impatto visivo, da quelle ottocentesche di Firenze e Vercelli che portano la firma entrambe di Marco Treves, al Tempio Maggiore di Roma sorto invece a inizio Novecento. Doveva diventare una sinagoga anche la Mole Antonelliana, il simbolo di Torino, ma il progetto si rivelò troppo costoso e la Comunità ebraica virò allora su un’altra opzione. Ma anche la sinagoga di piazzetta Primo Levi, come “mole”, si difende. “Nel corso studieremo sinagoghe non soltanto italiane, ma anche europee. Ad esempio quella portoghese di Amsterdam, tra le più belle al mondo. Come quella seicentesca di Livorno andata poi distrutta nel secolo scorso, che non a caso risalta con tutto il suo fascino nella locandina del corso”, sottolinea Morpurgo, che è anche consigliere della Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia. La sua “sinagoga del cuore” è quella di Gorizia, dove la famiglia Morpurgo ha le proprie radici. “Ma emozioni simili le provo a Firenze, dove avverto lo sforzo di Treves di attualizzare l’immagine della sua comunità“, aggiunge. Nel corso si parlerà anche di alcuni cimiteri ebraici, “perché la storia di questi luoghi e delle sinagoghe è spesso parallela”. Un concetto già emerso al Meis, nella mostra “Case di vita. Sinagoghe e cimiteri in Italia” di cui è stato il curatore insieme ad Amedeo Spagnoletto.
a.s.
(Per informazioni e iscrizioni: diploma.universitario@ucei.it)
(Nell’immagine: la sinagoga di Casale Monferrato)