ISRAELE – Michael Sierra: Scontro governo-corte senza fine, serve un compromesso. E una Costituzione

“Nel sistema istituzionale israeliano ciascun potere vuole l’ultima parola. Per assicurarsela, l’attuale maggioranza parlamentare (guidata dal premier Benjamin Netanyahu) ha avviato una revisione radicale del sistema giudiziario. Una riforma ora stoppata dalla Corte Suprema che con l’ultima sentenza ribadisce di avere lei l’ultima parola”. Così il giurista israeliano Michael Sierra sintetizza a Pagine Ebraiche la sentenza pubblicata ieri dalla Corte Suprema d’Israele. Una decisione che annulla un pezzo importante della riforma voluta dal governo Netanyahu. Ma soprattutto, spiega Sierra, indica alla maggioranza la necessità, specialmente in questo momento di conflitto, di seguire la strada del compromesso.
Per il giurista il passaggio chiave è l’affermazione della Corte ad ampia maggioranza – 12 giudici contro 3 – di avere l’autorità di rivedere le leggi fondamentali e il potere, si legge nella sentenza, di “intervenire in quei casi rari ed eccezionali in cui la Knesset supera la sua autorità costituzionale”. Oltre all’ala liberale (8 su 15 giudici totali), anche tra i conservatori dunque questo principio è condiviso. “L’attuale maggioranza deve tenerlo in considerazione e moderare quindi le sue posizioni precedenti”, sottolinea Sierra. Posizioni secondo cui le leggi fondamentali della Knesset non potrebbero essere vagliate dalla Corte Suprema perché il potere legislativo è superiore a quello giudiziario.
Compatta sul principio, la corte ha poi reintrodotto la clausola di ragionevolezza con una maggioranza risicata: otto contro sette. Tra l’altro hanno votato a favore dell’eliminazione della riforma approvata dalla maggioranza alla Knesset lo scorso luglio anche due giudici, Esther Hayut e Anat Baron, già in pensione. La clausola in questione è uno strumento usato dallo stesso massimo tribunale per invalidare decisioni amministrative, ad esempio di singoli ministeri o del governo. Per i sostenitori della riforma, questo meccanismo garantisce troppi poteri ai giudici, che invadono la sfera di competenza dell’esecutivo. Per i sostenitori della competenza della Corte si tratta invece di un elemento chiave per proteggere i cittadini dall’arbitrio del governo, in particolare in un paese come Israele che non ha una costituzione formale.
Sierra sottolinea però come il tema della ragionevolezza sia meno centrale di quanto si pensi, almeno nei termini discussi. “Ci sono anche altri strumenti a disposizione della Corte per vagliare gli atti amministrativi. Il problema è che per troppi casi si può ricorrere solo alla Corte Suprema. Questo la investe di una mole infinita di lavoro e il risultato è un inevitabile ritardo nel dirimere i contenziosi. Come dicono gli inglesi, Justice delayed is justice denied: la giustizia ritardata è giustizia negata”. Per questo la sua proposta sarebbe riformare questo ambito. Ma soprattutto oggi il suo auspicio è che si arrivi a una riforma condivisa di tutto il sistema. “Alla luce del conflitto in corso, del trauma collettivo che abbiamo vissuto con il 7 ottobre, la mia speranza è che si immagini finalmente una costituzione per Israele. Questo sarebbe il punto di partenza per dirimere la maggior parte dei conflitti da poteri. Un passaggio fondamentale per fare chiarezza”. Sierra, membro degli Italkim (gli italiani d’Israele) e con un passato nel dipartimento di ricerca della Corte Suprema, non pensa “sia purtroppo realistico immaginare che la strada per una costituzione sarà imboccata. Ma credo che l’attuale governo comunque cambierà atteggiamento e porterà avanti riforme più moderate e graduali al sistema giudiziario”.