GUERRA 91ESIMO GIORNO – Blinken nella regione. Il numero dei rapiti sale a 136
Lo scontro sempre più teso con il Libano, gli attacchi dal Mar Rosso, le minacce provenienti da altre zone del Medio Oriente. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken torna in queste ore in Israele e in agenda non c’è solo il conflitto in corso a Gaza. A Gerusalemme Blinken discuterà di “meccanismi urgenti per arginare la violenza e ridurre le tensioni regionali”, si legge in una nota del suo ufficio. Nella sua quarta visita dal 7 ottobre, il segretario di stato incontrerà il premier israeliano Benjamin Netanyahu e i membri del gabinetto di guerra. Tra gli obiettivi, calmare le acque con Hezbollah, che dopo l’eliminazione di leader di Hamas a Beirut ha promesso vendetta contro lo stato ebraico. La posizione israeliana è stata già chiarita da Netanyahu ad Amos Hochstein, inviato Usa in Medio Oriente: la priorità è garantire “ai residenti del nord di tornare alle proprie case e vivere in sicurezza”. Per farlo Gerusalemme preferirebbe “la strada diplomatica”, ma non esclude azioni militari più dure di quelle portate avanti fino ad oggi. In queste ore ad esempio Tsahal ha colpito alcune infrastrutture di Hezbollah nel sud del Libano. Nel paese dei Cedri intano è in arrivo il capo della diplomazia europea Josep Borrell. Come per Blinken, il suo impegno è diretto a “evitare un’escalation regionale e sostenere il flusso di assistenza umanitaria ai civili”.
Washington continua anche a fare pressione su Israele per aumentare gli aiuti umanitari i rifornimenti alla popolazione di Gaza e chiede all’esercito di diminuire l’intensità delle azioni nella Striscia. Per il momento Tsahal prosegue la sua missione senza cambiamenti di strategia, in particolare nel sud. E annuncia di aver colpito nelle ultime 24 ore oltre 100 obiettivi di Hamas.
L’obiettivo è anche salvare gli ostaggi ancora prigionieri a Gaza. Oggi Tsahal ha aggiornato il numero dei rapiti a 136. Tra loro ci sono Hanan Yablonka (42 anni) il + Idan Shtivi (29) e Ilan Weiss (59). Yablonka e Shtivi sono stati entrambi catturati al festival musicale di Rei’m e si pensa siano ancora in vita. Weiss sembra sia stato ucciso mentre combatteva con la squadra di sicurezza del kibbutz Be’eri e la sua salma è stata portata via dai terroristi. Anche sua moglie e sua figlia erano state catturate il 7 ottobre per poi essere rilasciate nell’accordo di cessate il fuoco di novembre.
Fra i 136 ostaggi citati da Tsahal sono comprese anche le salme dei soldati Oron Shaul e Hadar Goldin, caduti nel 2014, e i due civili israeliani, Avera Mengistu e Hisham al-Sayed, che si ritiene siano entrambi vivi dopo essere entrati nella Striscia di propria iniziativa rispettivamente nel 2014 e nel 2015. Per tutti gli ostaggi in Israele continuano le mobilitazioni. Come quella promossa da Shai Wenkert, padre del rapito Omer. Assieme ad altre cinquanta famiglie, Wenkert vuole presentarsi il prossimo 9 gennaio al valico di frontiera di Kerem Shalom per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla mancanza di aiuti umanitari ai rapiti, mentre nella Striscia entrano quelli per la popolazione palestinese. “Non pensiamo che i palestinesi non meritino gli aiuti”, ha spiegato Wenkert, ma “in cambio deve esserci un accordo per salvaguardare la situazione dei nostri famigliari”.
Di Gaza ha parlato anche il ministro della Difesa Yoav Gallant riguardo al futuro immaginato da Israele per l’enclave. Tema al centro dell’incontro odierno con Blinken. Finito il conflitto, dovrà essere istituito un governo civile in cui siano coinvolti una forza multinazionale, una forma di autorità amministrativa palestinese, l’Egitto e Israele. Secondo Gallant, la forza multinazionale – guidata dagli Stati Uniti, dalle nazioni dell’Europa occidentale e dai Paesi arabi moderati – dovrà occuparsi della ricostruzione della Striscia e darà un indirizzo alle agenzie internazionali interessate ad aiutare. L’autorità palestinese dovrebbe invece essere composta da comitati non ostili a Israele.
L’Egitto avrà il compito di garantire la sicurezza del confine sud di Gaza, mentre lo stato ebraico, ultimo punto elencato dal ministro, aiuterà la forza multinazionale e supervisionerà l’ingresso delle merci nell’enclave.