L’ESPERTO – Roberto Jona: La carestia in Egitto una crisi energetica

Abbiamo letto da poco, nella Torah la storia dello stupefacente re-incontro di Giuseppe, figlio di Giacobbe e oramai Viceré dell’Egitto, con gli ignari fratelli che nemmeno lo riconoscono. Il periodo di carestia è iniziato già da due anni e Giuseppe informa i frastornati fratelli che durerà ancora cinque anni durante i quali “non ci sarà né aratura, né mietitura” (Genesi 45:6). Non occorre la laurea per sapere che se non si ara il terreno, non si può seminare e di conseguenza è impossibile che nasca qualcosa. E questa sarebbe “carestia” e profezia? Apparentemente è incuria e trascuratezza. Ma il testo della Torah non può essere trattato in modo così semplicistico e irriguardoso. Se la profezia di Giuseppe parla di carestia questa ci sarà veramente stata, ma bisogna capire come e perché. Troviamo la spiegazione nei sogni del Faraone. Il sovrano dell’Egitto sognò le “vacche magre”, che divennero proverbiali. Con la mentalità moderna, il ridotto valore di questi animali, non avrebbe dovuto portare molti danni: al massimo la carenza di formaggio e niente più. Ma non era così. Come documenta la figura presente su una tomba del 13° secolo a.E.V (cioè l’epoca del soggiorno degli Ebrei in Egitto), l’aratura del terreno veniva fatta aggiogando una o più vacche all’aratro. Quindi se la vacca era “magra” non aveva la forza di trainare l’aratro per lavorare il terreno: si innescava così la catena di fattori negativi che portavano alla carestia. Ecco, quindi, la sorprendente profezia di Giuseppe: non ci sarebbe stata aratura e, di conseguenza, non ci sarebbe stata semina e tanto meno prodotto. Analizzando i vari fattori ci si rende conto che la carestia dell’antico Egitto era una crisi “energetica” ante litteram. Ne sarebbero seguite altre, meno illustri, (ma non meno dannose) fino ai giorni nostri.

Roberto Jona, agronomo

Nell’immagine una scena agricola da un antica tomba egizia del 13° secolo a.E.V., approssimativamente l’epoca dell’Esodo.